Mudanças entre as edições de "Archivi e biblioteche digitali"

De Cliomatica - Digital History
 
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Si tratta, quindi, di un complesso di documenti, di qualsiasi natura e formato, prodotti e acquisiti durante lo svolgimento di una determinata attività.
 
Si tratta, quindi, di un complesso di documenti, di qualsiasi natura e formato, prodotti e acquisiti durante lo svolgimento di una determinata attività.
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A differenza di biblioteche e archivi tradizionali, in molti casi, non hanno un riferimento fisico ma prendono vita e possono essere consultati esclusivamente tramite siti e piattaforme online.
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A differenza di biblioteche e archivi tradizionali, in molti casi, non hanno un riferimento fisico ma prendono vita e possono essere consultati esclusivamente tramite siti e piattaforme online.
 
A differenza di biblioteche e archivi tradizionali, in molti casi, non hanno un riferimento fisico ma prendono vita e possono essere consultati esclusivamente tramite siti e piattaforme online.
  
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Una caratteristica fondamentale delle fonti del mondo analogico, primarie o secondarie, è rappresentata dal fatto che queste hanno sempre una precisa collocazione materiale perché si trovano in originale o in copia presso archivi, biblioteche o musei e, in alcuni casi, sono anche state oggetto di edizione critica a stampa.
 
Una caratteristica fondamentale delle fonti del mondo analogico, primarie o secondarie, è rappresentata dal fatto che queste hanno sempre una precisa collocazione materiale perché si trovano in originale o in copia presso archivi, biblioteche o musei e, in alcuni casi, sono anche state oggetto di edizione critica a stampa.
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Nel mondo digitale, invece, ci sono moltissime fonti digitali prive di un qualsiasi corrispettivo analogico, con le conseguenze relative alla valutazione dell’originalità e dell’autenticità.
 
Nel mondo digitale, invece, ci sono moltissime fonti digitali prive di un qualsiasi corrispettivo analogico, con le conseguenze relative alla valutazione dell’originalità e dell’autenticità.
  
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Una caratteristica fondamentale dei documenti digitali, inoltre, è che questi possono essere disponibili in formati differenti. Tra i più diffusi attualmente: ''TXT, DOC, PPT, RTF, HTML, SGML, XML, XHTML, TEI, PDF, ePub, LIT, JIF, JPEG, MP3, DivX, Real Audio, Real Video, AVI, Quicktime''.
 
Una caratteristica fondamentale dei documenti digitali, inoltre, è che questi possono essere disponibili in formati differenti. Tra i più diffusi attualmente: ''TXT, DOC, PPT, RTF, HTML, SGML, XML, XHTML, TEI, PDF, ePub, LIT, JIF, JPEG, MP3, DivX, Real Audio, Real Video, AVI, Quicktime''.
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=== '''I servizi''' ===
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I servizi sono fondamentali all’interno di biblioteche e archivi digitali, in quanto consentono l’ottimizzazione dell’incontro tra le richieste degli utenti e i documenti a loro disposizione.
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I servizi principali comprendono quelli offerti da biblioteche e archivi tradizionali ma, in aggiunta, se ne trovano altri più innovativi.
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''Print on demand'': stampa effettuata su specifica richiesta dei documenti digitali disponibili nella biblioteca o nell’archivio di riferimento, in altre biblioteche o archivi o nei depositi digitali di editori e librerie.
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''Prestito'': fornitura di documenti via telematica o su supporti portatili per un determinato periodo di tempo, trascorso il quale il documento deve essere distrutto o restituito.
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''Document delivery'': spedizione, su specifica richiesta, di un documento di cui la biblioteca è sprovvista.
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''Acquisizione'': acquisto di documenti particolarmente richiesti dagli utenti ma non ancora disponibili.
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''Desiderata'': possibilità degli utenti di segnalare i documenti che vorrebbero trovare.
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''Deposito legale dei documenti digitali'': permette agli utenti di accedere alla produzione editoriale di uno specifico paese per un lungo periodo di tempo.
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''Segnaletica e marketing'': permette agli utenti di conoscere e orientarsi tra i documenti.
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''Riserva elettronica'': sistema di gestione elettronica riservato ai documenti più utilizzati in ambito didattico per i quai sono previsti servizi aggiuntivi.
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''Personalizzazione'': l’utente ha la possibilità di personalizzare i servizi a lui rivolti.
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''Aggregazione degli utenti'': sono offerti spazi virtuali dedicati alla socializzazione degli utenti (forum, mailing list, chat e blog), controllati dagli addetti.
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''Individuazione di plagi'': agli utenti è garantita l’autenticità dei documenti mediante il riconoscimento e la prova di situazioni di plagio.
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Un servizio molto importante, inoltre, è il ''reference service digitale'', ovvero il servizio di assistenza che cerca di rispondere alle esigenze informative dell’utente, aiutandolo a trovare le risorse digitali di cui necessita. Questo può essere di tre tipi:
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* ''self-service'': l’utente, servendosi del sito web o dello sportello informativo virtuale, si “auto-aiuta”;
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* ''asincrono'': l’utente si rivolge al personale competente per ricevere assistenza tramite e-mail o compilazione di moduli di richiesta;
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* ''sincrono'': l’utente riceve assistenza personalizzata online, in tempo reale, tramite chat, videoconferenze, programmi di messaggistica istantanea, telefonate o incontri virtuali.
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=== '''Gli utenti''' ===
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Senza gli utenti, quindi le persone reali, le biblioteche e gli archivi digitali non esisterebbero.
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Per poter accedere ai servizi offerti da biblioteche e archivi digitali gli utenti necessitano esclusivamente di un dispositivo tecnologico (computer, tablet o smartphone) e di un collegamento a Internet.
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Con questi due strumenti, infatti, gli utenti hanno la possibilità di consultare veri e propri archivi e biblioteche senza la necessità di recarsi fisicamente sul luogo e, inoltre, nel caso in cui gli enti abbiano provveduto a un’adeguata integrazione di contenuti, hanno il vantaggio di poter accedere non solo alle risorse digitali di quella specifica biblioteca o archivio ma anche a quelle presenti nelle collezioni di altri enti simili.
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La principale differenza nel rapporto con gli utenti tra biblioteche e archivi tradizionali e i loro analoghi digitali risiede nella visione stessa dell’utenza; i primi, infatti, guardano all’utente come un passivo ricettore di informazioni, mentre i secondi ne riconoscono un ruolo attivo, fondamentale nel processo stesso di costruzione dell’archivio.
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== '''Ruoli e attori principali''' ==
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Le biblioteche e gli archivi digitali si basano su un’interazione tra gli attori in essi coinvolti.
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Si tratta di bibliotecari, archivisti, autori di libri, editori, librai, politici, storici, amministratori, insegnanti e informatici che, in quanto personale qualificato e competente, rappresentano il valore aggiunto di questi sistemi digitali.
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L’attore principale, però, è l’utente che si trova all’interno del sistema ed è parte attiva di esso.
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Egli, infatti, come in archivi e biblioteche tradizionali, è fruitore dei contenuti; la principale novità sta nel fatto che egli può diventare anche autore della documentazione, partecipando attivamente alla costruzione e all’ampliamento della biblioteca o dell’archivio digitale.
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L’utente, quindi, ha la possibilità di inserire documentazione corredandola di metadati, aggiungere annotazioni ai documenti presenti e può, inoltre, fare parte di gruppi di valutazione e validazione dei contributi.
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L’organizzazione dell’informazione nel sistema degli archivi e delle biblioteche digitali comincia con l’individuazione delle ''“comunità”'' che possono identificarsi con le ripartizioni di un ente, i dipartimenti di un’istituzione accademica, un gruppo di ricerca finalizzato allo sviluppo di un progetto o altri soggetti che cooperano al fine di raggiungere un obiettivo comune.
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Questo approccio è significativo, in quanto nel concetto stesso di comunità sono impliciti i principi di interazione, cooperazione e comunicazione.
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L’utilizzo dell’aggettivo “digitale” non deve far pensare che l’archivista o il bibliotecario debbano essere o diventare tecnici informatici; al contrario, all’interno di queste piattaforme, è fondamentale la presenza di soggetti che posseggano competenze archivistiche, bibliografiche, catalografiche e documentarie.
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Queste, infatti, risultano indispensabili allo svolgimento di specifici ruoli attribuiti a queste figure:
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* coordinamento delle risorse, scelta di criteri e metodologie standard per la descrizione dei documenti;
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* validazione e integrazione dei metadati inseriti dall’autore, dello stile dei documenti e delle politiche di conservazione dei formati;
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* gestione della comunicazione interna ed esterna all’istituzione;
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* organizzazione di corsi all’utenza e gestione dei servizi personalizzati.
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L’amministratore tecnico del sistema, invece, è colui che deve necessariamente possedere competenze informatiche per poter svolgere i ruoli a lui affidati:
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* mantenere i servizi e sviluppare funzionalità aggiuntive;
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* preservare la documentazione, attraverso l’attivazione di procedure di migrazione e/o simulazione;
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* sviluppare l’architettura del sistema;
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* gestire le operazioni di import/export dei metadata e delle risorse;
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* integrare e sviluppare nuove interfacce web.
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Con l’istituzione degli archivi e delle biblioteche digitali molte figure professionali che, in passato, erano ben distinte nelle metodologie e nella pratica, si sono avvicinate, in quanto afferenti all’ambito comune della comunicazione e dell’informazione. In passato, infatti, i bibliotecari si occupavano quasi esclusivamente di pubblicazioni come i libri alla fine del percorso editoriale mentre gli archivisti tradizionalmente avevano a che fare con documenti. Oggi, invece, questa distinzione è sfumata.
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Questo cambiamento è una delle conseguenze dell’impatto che la biblioteca e gli archivi digitali hanno nell’allargare la ristretta cerchia della comunità bibliotecaria e archivistica alla più ampia dei professionisti dell’informazione.
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== '''La conservazione digitale''' ==
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A differenza di quanto avviene per le fonti documentarie analogiche, per le quali il passare del tempo determina, in assenza di situazioni patologiche, l’effetto duplice di accrescere il valore della risorsa che si mantiene inalterata nel tempo e di assicurare le condizioni per la verifica della sua autenticità, la gestione e la tenuta di documenti digitali deve far fronte a un costante processo di trasformazione tecnologica.
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La conservazione digitale è l’insieme delle operazioni volte a garantire nel tempo le caratteristiche di ''autenticità, integrità, affidabilità, leggibilità'' e ''reperibilità'' dei documenti informatici soggetti a conservazione, contrastando i rischi derivanti dall’obsolescenza hardware e software e dalla perdita del sistema di relazioni cui nativamente è immerso ogni documento.
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La funzione conservativa deve essere gestita in ambiente digitale con precocità e senza interruzioni, considerando che i tempi degli interventi necessari al mantenimento delle memorie risultano tanto più efficaci e tanto meno costosi quanto più sono contemporanei alla loro formazione e gestione corrente.
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La diversificazione dei prodotti applicativi, inoltre, non consente soluzioni univoche e richiede competenze professionali dinamiche e flessibili.
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La conservazione digitale è, quindi, un processo dinamico che presuppone un presidio continuo delle attività di sperimentazione e ricerca e richiede investimenti che consentano la creazione di reti che garantiscano la cooperazione e la condivisione.
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La fragilità dei supporti è un fattore di rischio soprattutto in termini di sicurezza, mentre l’evoluzione del software e dei formati implica la necessità di intervenire direttamente sui testi, sui loro contenuti e sulle informazioni di contesto che consentono di mantenere il legame con la persona fisica o giuridica che li ha prodotti/acquisiti e conservati.
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I documenti digitali, quindi, non possono essere conservati in forma di originale sia al fine di trasmetterli fedelmente nel tempo, sia perché l’opportunità di disporre di tecnologie di gestione e fruizione più avanzate accrescono le possibilità e funzionalità d’uso.
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Numerosi sono, quindi, i vincoli che una seria politica conservativa deve rispettare e le finalità di cui deve necessariamente tenere conto.
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Affinché archivi e biblioteche digitali siano conservati è indispensabile tener conto di due fattori:
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* l’''autenticità'': attività di identificazione e garanzia dell’integrità dei documenti e delle loro relazioni;
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* l’''accessibilità'': resa possibile dall’utilizzo di soluzioni tecnologiche e organizzative che consentano il superamento dei problemi di obsolescenza.
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La funzione conservativa è, quindi, un insieme di attività complesse e articolate che hanno l’obiettivo di assicurare le condizioni per la sopravvivenza dei materiali digitali.
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== '''Cooperazione, collaborazione e condivisione''' ==
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Un aspetto di grande valore aggiunto delle biblioteche e degli archivi digitali è la loro capacità di facilitare ed estendere la comunicazione, per fornire agli utenti contesti più ampi di condivisione della conoscenza.
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Le forme di cooperazione e condivisione possono essere le più diverse e sono, almeno in parte, basate sui medesimi presupposti della cooperazione tra biblioteche e archivi tradizionali, ma con alcune nuove urgenze e con le opportunità offerte dalle tecnologie dell’informazione.
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Per archivi e biblioteche digitali, cooperare significa, innanzitutto, collaborare con altri archivi e biblioteche per offrire uno spazio informativo unico dove documenti digitali, cataloghi, banche dati e servizi si integrano in modo funzionale, soddisfacendo maggiormente le necessità degli utenti.
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Per far questo, però, è necessario che archivi e biblioteche interessate si accordino dal punto di vista tecnico (formati dei documenti, protocolli, sistemi di sicurezza), dei contenuti (sistemi di catalogazione e lingua) e organizzativo (sistema d’accesso, di preservazione e di autenticazione dei documenti). È la mancanza di standard e accordi comuni, infatti, la causa principale dell’assenza di cooperazione tra archivi e biblioteche.
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Un altro aspetto importante della cooperazione, reso possibile dall’uso di sistemi open source utilizzati per la gestione di archivi e biblioteche digitali, è lo sviluppo condiviso dei software e il loro arricchimento con funzioni sempre nuove.
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Questo sviluppo nasce direttamente dalle esigenze emerse nell’utilizzo delle procedure della biblioteca e degli archivi digitali, dai bisogni espressi dagli utenti e dall’evolversi delle modalità di lavoro.
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Un aspetto fondamentale di queste nuove tipologie di archivi e biblioteche riguarda anche e soprattutto il rapporto tra biblioteca/archivio e utenti.
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Gli utenti, infatti, all’interno di archivi e biblioteche digitali, cooperano tra loro e collaborano con l’ente di riferimento, al fine di creare, arricchire e migliorare l’offerta documentale proposta nelle piattaforme. L’ambito di lavoro, quindi, è quello collaborativo, in cui chi aderisce all’impresa volontariamente decide di condividere risorse e servizi, cooperando con gli altri.
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È questo il vero punto di svolta nel passaggio da archivi e biblioteche tradizionali ad archivi e biblioteche digitali.
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== '''Archivi condivisi, collaborativi e inventati''' ==
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La rivoluzione digitale ha portato alla nascita di diverse forme di depositi digitali.
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Innanzitutto si sono creati archivi ''condivisi'', in cui il deposito degli oggetti digitali è implementato, mantenuto e curato da più enti all’interno di un progetto condiviso.
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Un altro elemento innovativo e possibile solo digitalmente è rappresentato dalla condivisione di materiale tra archivi diversi su base tematica.
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Un esempio è rappresentato dalle collezioni tematiche messe a disposizione da ''Europeana'', come ''Europeana Music'' <ref>''http://www.europeana.eu/portal/en/collections/music''</ref>  che contiene 318.796 registrazioni, spartiti e oggetti musicali conservati in diversi e numerosi archivi/biblioteche digitali di tutta l’Europa.
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La possibilità di interazione col pubblico ha poi creato archivi che potremmo definire ''collaborativi'' e archivi ''inventati''. Per ''archivio collaborativo'' possiamo intendere un archivio / biblioteca digitale che consente agli utenti di inserire al suo interno dati e informazioni o di partecipare in qualche maniera alla sua implementazione.
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Un esempio è rappresentato dal progetto ''The September 11 Digital Archive'', di cui si parla nel capitolo 10.2 di questo documento.
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Sono stati invece definiti “invented archives”, traducibile in italiano nella brutta endiadi ''archivi inventati'', quegli archivi digitali tematici che assemblano fonti diverse, in parte raccolte in maniera sistematica, in parte riversate spontaneamente dagli utenti, che creano digitalmente raccolte di documenti che non esistono nel mondo fisico, in quanto non esiste un unico ente produttore.
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Si tratta spesso di raccolte spontanee, ma guidate, di fonti che riguardano una comunità di persone, in assenza di un ente deputato istituzionalmente alla loro conservazione.
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Un esempio è rappresentato dall’''Archivio degli Iblei'', di cui si parla nel capitolo 10.6 di questo documento.
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Gli archivi collaborativi, condivisi e inventati permettono, quindi, a un pubblico estraneo al mondo accademico, a livelli differenti, di contribuire alla condivisione e alla creazione di fonti e memorie digitali. Combinati con la pratica del ''crowdsourcing'', inoltre, permettono di sfruttare al meglio le potenzialità della rete, aprendo a chiunque la possibilità di “fare storia” e costruire memorie individuali e collettive.
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Per il fatto stesso di essere caricati e condivisi in rete, infatti, fotografie, testi, video e qualsiasi altra tipologia di fonte assume un “senso sociale”.
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Corredati da un adeguato apparato di metadati, questi diventano testimonianza collettiva di un evento, di una memoria nella quale può rispecchiarsi quella individuale di ognuno, che costruisce la propria identità passando anche per il senso di appartenenza a una comunità.
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L’elemento maggiormente caratterizzante di queste nuove forme di archivi e biblioteche riguarda, quindi, la collaborazione tra gli utenti e la condivisione a diversi livelli.
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Questo dimostra come, grazie al digitale, sia possibile mettere insieme materiali di origine profondamente diversa che si trovano in luoghi anche molto distanti l’uno dall’altro.
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Negli archivi collaborativi, condivisi o inventati la fonte è, quindi, creata e raccolta da una comunità che, in maniera del tutto spontanea, decide di contribuire alla creazione di ''memorie digitali condivise''.
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== '''Archivi, biblioteche e memorie digitali''' ==
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La ''memoria digitale'' può essere definita come una forma di archiviazione dei contenuti che sfrutta la tecnologia informatica utilizzando piattaforme web e social media.
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Lo scopo del rendere la memoria, privata o collettiva, in formato digitale è quello di ricordare avvenimenti e registrare pensieri e opinioni circa un determinato evento.
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Alla base vi è la scelta della condivisione tra utenti; il termine inglese ''sharing'', infatti, è utilizzato nel web per descrivere la grande partecipazione degli utenti nelle piattaforme e nei servizi messi a disposizione online.
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Correlati al concetto di memoria digitale, si pongono i concetti di archivio e biblioteca digitale in quanto aventi il medesimo scopo di raccogliere, preservare e rendere disponibili online contenuti digitali significativi.
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In questo senso, si parla di ''memoria collettiva'' intendendo l’insieme dei ricordi di un’esperienza vissuta o mitizzata da una collettività vivente, della cui identità fa parte integrante il sentimento del passato <ref>Pierre Nora, ''Mémoire collective'' in ''La nouvelle histoire'', Paris: Retz, 1978, p. 398.</ref>.
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La collettività della memoria, nel suo aspetto di fruibilità globale, trova il miglior esempio nel progetto della ''World Digital Library'' <ref>''https://www.wdl.org/en/''</ref> , una biblioteca digitale internazionale nata nel 2009 e gestita dall’UNESCO e dalla Library of Congress degli Stati Uniti d’America.
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Lo scopo primario del progetto è quello di mettere gratuitamente a disposizione degli utenti, sul proprio sito web, una vasta collezione di manoscritti, libri rari, immagini, filmati e registrazioni sonore provenienti da culture e nazioni di tutto il mondo, dando vita a un archivio digitale della conoscenza umana.
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Al momento del lancio sul web la biblioteca digitale contava poco più di mille documenti che sono cresciuti esponenzialmente grazie alle attività di cooperazione, condivisione e collaborazione con biblioteche, archivi, musei e organizzazioni di tutto il mondo che hanno contribuito ad arricchire le memorie comunitarie presenti al suo interno.
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== '''Archivi e biblioteche digitali nei progetti di Digital Public History''' ==
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Gli ingredienti fondamentali per avviare qualsiasi progetto di [[Digital public history]] sono:
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* ''partecipazione attiva del pubblico'';
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* ''partecipazione passiva del pubblico'';
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* ''mediazione da parte dello storico pubblico digitale''.
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Quando archivi e biblioteche digitali si configurano come aperti e partecipativi, prevedendo il coinvolgimento attivo del pubblico, questi diventano, o possono diventare, progetti di ''Digital Public History''.
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Queste tipologie progettuali creano interessanti opportunità di confronto tra diverse professionalità che lavorano con la storia e non solo, a partire proprio da un rinnovato incontro tra archivisti, bibliotecari e storici.
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Si tratta, inoltre, di opportunità che favoriscono una maggiore consapevolezza anche nei confronti della tutela e della salvaguardia del panorama archivistico nazionale, in particolare per quanto riguarda gli archivi del Novecento, rivestendo un’importanza strategica che investe la salvaguardia delle fonti, le nuove politiche di conservazione, gestione e valorizzazione dei beni culturali e una riflessione sulla funzione didattica, civica e politica che tali fonti svolgono e svolgeranno in futuro.
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=== '''Archivio digitale della Library of Congress''' ===
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[[Arquivo:InConti1.png|500px|thumb|center|''Figura 1 - Home page Library of Congress'']]
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Nel giugno 2007 la ''Library of Congress'' <ref>''https://www.loc.gov/''</ref> , Biblioteca Nazionale degli Stati Uniti d’America, ha deciso di pubblicare, all’interno del sito web online, il proprio archivio di fotografie storiche, corredando ciascun documento di metadati e di un URL permanente, così che per ciascuno di essi fossero disponibili tutte le informazioni necessarie alla consultazione da parte degli utenti.
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Allo stesso tempo, ha eseguito la medesima operazione di pubblicazione dell’archivio all’interno di ''Flickr'' <ref>''https://www.flickr.com/photos/library_of_congress/''</ref> , un social network utilizzato per la condivisione di immagini, dando vita a qualcosa che, in precedenza, non si era mai visto.
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Tramite il social, infatti, a ciascun utente è stata data la possibilità di inserire dei commenti alle varie immagini, aggiungendo quindi informazioni di tipo storico, tecnico e geografico all’intero catalogo.
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Ciascuna foto è stata inizialmente pubblicata all’interno dell’archivio digitale con un solo tag (''Library of Congress''), mentre tutti gli altri tag che è possibile individuare sono stati inseriti dagli utenti, così come i commenti presenti.
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L’esempio della Library of Congress dimostra come la pubblicazione online, secondo schemi e modalità precise, di un fondo archivistico tradizionale consenta l’implementazione continua e collaborativa da parte degli utenti che diventano protagonisti della storia e contribuiscono a scriverla.
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=== '''The September 11 Digital Archive''' ===
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[[Arquivo:InConti2.png|500px|thumb|center|''Figura 2 - Home page The September 11 Digital Archive'']]
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L’esempio più conosciuto dell’incontro tra archivi/biblioteche digitali e ''Digital public history'' è quello del progetto ''The September 11 Digital Archive'' <ref>''http://911digitalarchive.org/''</ref> , il quale rappresenta l’affermarsi di una nuova concezione di storia che ha permesso agli storici di testare nuove forme di lavoro collaborativo.
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È grazie a questo progetto, infatti, che i ''public historian'' hanno preso coscienza del fatto che le memorie provenienti dai cittadini possono essere raccolte e incanalate per dar vita a veri e propri progetti di ''Digital public history''.
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Il progetto colleziona, conserva e illustra documentazione eterogenea relativa agli attacchi al World Trade Center di New York, in Virginia e Pennsylvania del 2001, grazie anche a contributi spontanei di testimoni diretti e indiretti degli eventi.
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La collezione digitale di questo archivio non ha un soggetto produttore originario ma è messa a disposizione da un consorzio di enti che ne curano la raccolta, la pubblicazione, la conservazione e l’implementazione continua delle collezioni.
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Il progetto si è sviluppato nel tempo, alimentato dalle testimonianze degli utenti che hanno permesso di comprendere come gli eventi siano stati vissuti, percepiti e comunicati.
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Un elemento interessante è rappresentato dal fatto che, essendo data a tutti la possibilità di contribuirvi, all’interno dell’archivio digitale sono state inserite anche memorie e testimonianze di cospirazionisti, quindi di sostenitori dell’opinione che l’attentato fosse stato messo in atto dagli americani stessi. A seguito di riflessioni sull’argomento, gli storici hanno deciso di mantenere queste testimonianze all’interno del portale, ritenendo che si tratti di materiale utile agli storici del futuro per comprendere l’intero contesto di sviluppo dell’archivio stesso.
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Ciascuna testimonianza inserita all’interno dell’archivio digitale dagli utenti contribuisce, quindi, alla creazione identitaria di una comunità e della sua memoria.
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=== '''Historypin''' ===
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[[Arquivo:InConti3.png|500px|thumb|center|''Figura 3 - Home page Historypin'']]
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Un altro progetto che mette in evidenza la stretta relazione tra archivi/biblioteche digitali e ''Digital public history'' è ''Historypin'' <ref>''https://www.historypin.org/en/''</ref>, esempio di ''digital user generated archive''.
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Il progetto è stato realizzato dall’associazione no-profit “''We are what we do''” ed è un archivio digitale di foto storiche e memorie personali, interamente costruito dagli utenti.
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La piattaforma online permette di visionare e appuntare (dall’inglese ''to pin'') fotografie storiche su una mappa di Google Maps e, se Google Street View è disponibile, gli utenti possono anche sovrapporre fotografie storiche e confrontarle in contemporanea con la posizione.
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Le oltre 200.000 attività e ricordi “appuntati” (documenti e immagini), presenti all’interno del progetto e provenienti da tutto il mondo, sono aperti a ogni forma di modifica e aggiornamento da parte degli utenti.
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=== '''Coronarchive''' ===
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[[Arquivo:InConti4.png|500px|thumb|center|''Figura 4 - Home page Coronarchive'']]
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''Coronarchive'' <ref>''https://coronarchiv.geschichte.uni-hamburg.de/projector/s/coronarchive/page/welcome''</ref>  è un portale online, realizzato da un gruppo di ''public historian'' tedeschi dell’Università di Amburgo, che nasce con lo scopo di raccogliere, archiviare, contestualizzare ed esibire le memorie dei cittadini durante la pandemia di Covid-19.
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L’archivio digitale, aperto e accessibile gratuitamente, include qualsiasi oggetto disponibile in formato digitale o digitalizzabile: fotografie, video, chat, post sui social-network, lettere, e-mail, poesie, articoli di giornale, liste della spesa, rapporti, segnaletica, regolamenti, ecc.
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Il progetto si sviluppa dal presupposto che la pandemia mondiale del 2020 e le relative conseguenze siano un evento storico che riguarda l’intera popolazione mondiale ma che, ciascuno, ha vissuto in maniera differente. Per questo motivo, a tutti gli utenti è data la possibilità di contribuire, così da raccogliere il maggior numero di testimonianze relative a quest’evento storico.
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L’archivio, infatti, è volto a realizzare una banca digitale della memoria allo scopo di conservare e salvaguardare in maniera professionale queste memorie, affinché gli storici del futuro possano comprendere meglio il contesto in cui si è sviluppata la pandemia.
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L’elemento che rende quest’iniziativa un progetto di ''Digital public history'' è il fatto che l’archivio stesso agisca come aggregatore che consente di riconnettere il tessuto sociale intorno a un’esperienza totalizzante, offrendo agli utenti la possibilità di partecipare alla vita di una comunità e diventare autori e protagonisti di un evento storico globale, contribuendo a preservarne la memoria nel tempo.
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=== '''Archivio digitale Carlo Maria Martini''' ===
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[[Arquivo:InConti5.png|500px|thumb|center|''Figura 5 - Home page Archivio digitale Carlo Maria Martini'']]
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Il progetto dell’archivio digitale nasce per ricordare il Cardinale Carlo Maria Martini, promuovendo la conoscenza e lo studio della sua vita e delle sue opere.
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Al suo interno si trovano documenti ricavati dagli archivi della Fondazione Carlo Maria Martini e dall’Archivio storico della diocesi di Milano, interamente consultabili online.
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La particolarità dell’archivio digitale, che è proprio la caratteristica che ne fa un progetto di ''Digital public history'', è l’area denominata ''Archivio aperto'' <ref>''http://archivio.fondazionecarlomariamartini.it/fcmm-web/archivioAperto/search/result.html''</ref>.
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In questo spazio, infatti, sono contenuti i documenti raccolti attraverso la Call for Documents lanciata in occasione del novantesimo anniversario della nascita di Carlo Maria Martini.
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Agli utenti, quindi, è offerta la possibilità di caricare in formato digitale i documenti di Carlo Maria Martini in proprio possesso, condividendoli con tutta la comunità online ma, allo stesso tempo, conservandoli fisicamente presso le proprie abitazioni.
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I soggetti produttori della documentazione dell’archivio aperto, anche in questo caso, sono i cittadini che, tramite i loro contributi, danno vita all’archivio stesso, aprendo nuovi e differenti scenari di racconti e narrazioni.
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=== '''Archivio degli Iblei''' ===
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[[Arquivo:InConti6.png|500px|thumb|center|''Figura 6 - Home page Archivio degli Iblei'']]
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L’''Archivio degli Iblei'' <ref>''http://www.archiviodegliiblei.it/''</ref> è un archivio digitale partecipato italiano che riunisce fonti (fotografie, documenti, testimonianze orali, storie di famiglia, ricerche, tesi di laurea) provenienti da archivi pubblici, privati e da singoli cittadini.
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Il progetto nasce nel 2013 con lo scopo di favorire la riflessione e la ricerca sulla storia dei paesi della provincia di Ragusa, in Sicilia, valorizzandone il patrimonio storico, paesaggistico, documentario e iconografico.
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Si tratta di un archivio inventato, in quanto è realizzato interamente in formato digitale senza che vi sia un deposito fisico presso un ente deputato istituzionalmente alla sua raccolta.
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I principali canali di comunicazione, partecipazione e condivisione dell’archivio sono il sito web e il gruppo Facebook: grazie a questi, infatti, molti interventi degli utenti, dopo esser stati filtrati dalla redazione, vengono inseriti all’interno dell’archivio.
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In questo modo, grazie alla partecipazione attiva degli utenti sui diversi canali, l’archivio si arricchisce continuamente di preziose informazioni, utili a preservare la memoria storica della comunità ragusana.
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=== '''Archivio digitale Giuseppe Pinelli''' ===
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[[Arquivo:InConti7.png|500px|thumb|center|''Figura 7 - Home page Archivio digitale Giuseppe Pinelli'']]
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Il progetto italiano ''Giuseppe Pinelli: una storia soltanto nostra, una storia di tutti'' <ref>''http://omeka.bida.im/s/pinelli/page/home''</ref>, è un’iniziativa di ''Digital public history'' realizzata a cura del collettivo di lavoro del Centro Studi Libertari.
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L’obiettivo del progetto è la raccolta di materiali, documenti e memorie riguardanti la figura di Giuseppe Pinelli (1928-1969), la sua vita e le circostanze della sua morte.
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All’interno della piattaforma, la sezione ''Contribuisci'' è dedicata agli utenti, ai quali è data la possibilità di contribuire all’archivio digitale tramite materiali, iniziative e storie.
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I materiali vengono poi organizzati da professionisti e resi disponibili sulla piattaforma, così che possano contribuire a creare percorsi, memorie e nuove storie intorno alla figura del protagonista e agli eventi storici che hanno caratterizzato quel periodo.
  
  

Edição atual tal como às 12h01min de 14 de julho de 2021

Tempo di lettura 43 minuti - per Vanessa Giusy Conti


Gli archivi e le biblioteche digitali sono depositi immateriali, all’interno dei quali sono conservati e resi disponibili documenti digitali, siano essi nativi digitali o convertiti da originali analogici.

Si tratta, quindi, di un complesso di documenti, di qualsiasi natura e formato, prodotti e acquisiti durante lo svolgimento di una determinata attività. A differenza di biblioteche e archivi tradizionali, in molti casi, non hanno un riferimento fisico ma prendono vita e possono essere consultati esclusivamente tramite siti e piattaforme online.

A differenza di biblioteche e archivi tradizionali, in molti casi, non hanno un riferimento fisico ma prendono vita e possono essere consultati esclusivamente tramite siti e piattaforme online.

Definizioni

Biblioteca digitale

Il termine più antico per definire una biblioteca che si avvale dell’utilizzo di tecnologie è stato coniato alla fine degli anni ‘90 ed è quello di electronic library o biblioteca elettronica.

Questo termine definisce una biblioteca automatizzata che utilizza ogni tipo di strumentazione elettronica necessaria al suo funzionamento, come calcolatori, pc e terminali.

L’aggettivo elettronica, infatti, non fa riferimento alle caratteristiche dei dati utilizzati ma si riferisce all’attrezzatura utilizzata per la lettura dei dati stessi, qualificando come inaccessibili documenti e servizi, in mancanza di adeguate apparecchiature.

La prima vera e propria definizione di biblioteca digitale è stata fornita da Christine Borgman nel 1993, che ha utilizzato questo concetto per definire la combinazione di: un servizio, un’architettura di rete, un insieme di risorse informative (dati numerici e testuali, immagini, video, documenti sonori, ecc.) e un insieme di strumenti per localizzare, recuperare e utilizzare le informazioni [1].

Un’ulteriore definizione è stata fornita nel 2000 da William Y. Arms, che ha definito la biblioteca digitale come una collezione di informazioni digitali organizzate e servizi accessibili attraverso la rete [2].

Nel 1999, C. Oppenheim e D. Smithson hanno introdotto una definizione simile, che pone l’enfasi sulle tecnologie digitali. Secondo i due, una biblioteca digitale è un servizio informativo, in cui tutte le risorse informative sono disponibili in formato digitale e le funzioni di acquisizione, archiviazione, preservazione, recupero e accesso sono realizzate attraverso l’uso di tecnologie digitali.

Gli autori hanno utilizzato anche il termine hybrid library o biblioteca ibrida, coniato da Chris Rusbridge nel 1998, per definire le biblioteche che, nella transizione al digitale, continueranno comunque a integrare i servizi tradizionali delle biblioteche con i nuovi servizi.

In inglese, il termine hybrid non si riferisce alla compresenza di elementi diversi nella stessa realtà, ma allude alla trasformazione da una specifica realtà a un’altra, in cui anche gli elementi di continuità si trovano a essere completamente rinnovati [3].

In Italia, per diverso tempo, si è scelto di utilizzare il termine biblioteca virtuale, coniato da Tim Berners-Lee per il sito Virtual Library, che realizza la visione della biblioteca come una collezione illimitata di documenti collegati in rete, costituiti da oggetti digitali e pagine web realizzate da molteplici autori. L’aggettivo “virtuale”, oggi in disuso per quanto attiene alle biblioteche, fa riferimento al fatto che la biblioteca non esiste nella realtà.

Archivio digitale

Gli archivi digitali nascono e si sviluppano, grazie all’avvento della tecnologia, come strumenti utili a preservare e conservare le memorie di paesi, comunità, enti e altri soggetti.

Originariamente nati per digitalizzare dei contenuti analogici, come il Progetto Gutenberg (1970) [4] , si aprono invece a nuove possibilità, consentendo il recupero di fonti inedite sconosciute, spesso private. È la raccolta di queste in un unico ambiente tematico che ne consente un uso funzionale e storico, una lettura e una corretta interpretazione d’insieme.

Una serie di leggi, redatte e approvate negli anni ’90, con le quali si riconosce il valore dei documenti digitali al pari di quelli cartacei, sono state fondamentali per lo sviluppo di questa particolare tipologia di archivio, in quanto hanno fornito informazioni e regolamentazioni circa la tenuta e la conservazione dei documenti in formato digitale, all’interno di questi enti [5].

Il passaggio dall’archivio tradizionale a quello digitale, infatti, non consiste nella semplice informatizzazione di alcune tradizionali funzioni (registrazione di protocollo, classificazione, movimentazione dei fascicoli e reperimento del materiale) ma riguarda il mutamento dell’ambiente stesso in cui si producono i documenti e in cui si assumono le decisioni, il quale comporta nuove forme di cooperazione, comunicazione e consultazione nel tempo.

Orientarsi all’interno di un archivio fisico non è un’operazione semplice perché, solitamente, gli archivi tradizionali si configurano come depositi di documenti di diverse istituzioni che si sono evolute nel tempo e, per riuscire a trovare un determinato documento, è necessario conoscere la storia dell’ente o dell’istituto che l’ha prodotto, comprenderne il percorso produttivo e conservativo e, infine, ricercarlo all’interno dell’ente che lo ha conservato.

Gli archivi digitali, invece, tendono ad annullare l’immagine stereotipata di polverosi luoghi della memoria, inaccessibili e non sentiti come patrimonio della collettività, perché offrono a qualsiasi tipologia di pubblico il loro grande patrimonio archivistico, comunicandone valori e contenuti, trovando nuove prospettive e contribuendo alla creazione di nuove reti di cooperazione e collaborazione tra i fruitori stessi.

Questi edifici virtuali, infatti, sono privi di barriere fisiche e i documenti contenuti al loro interno possono essere agevolmente consultati da chiunque, diventando storie vive da conoscere, raccontare e condividere.

Scopi e obiettivi

Le funzioni di biblioteche e archivi digitali sono principalmente tre: preservare, informare e comunicare.

Il primo obiettivo che si prefiggono di raggiungere è quello di migliorare l’accesso alle risorse digitali, sia rivolto all’interno, per conoscere le competenze e le conoscenze di studiosi e ricercatori, sia proiettato all’esterno, per valorizzare e migliorare l’impatto della produzione scientifica istituzionale.

Uno dei requisiti essenziali, quindi, è quello di essere un sistema di ricerca dell’informazione efficiente, capace di identificare rapidamente tutte le risorse rilevanti.

I principali obiettivi che si pongono archivi e biblioteche digitali sono:

  • portare l’informazione direttamente all’utente, rendendola accessibile da qualsiasi luogo;
  • consentire una ricerca avanzata e una manipolazione delle informazioni digitali;
  • migliorare l’accesso alle informazioni sfruttando nuove funzionalità;
  • condividere le informazioni, permettendo ad aziende, istituzioni pubbliche e private, organizzazioni e persone di cooperare;
  • velocizzare l’accesso a informazioni sempre aggiornate;
  • ridurre il divario digitale.

Le biblioteche e gli archivi digitali non si limitano, quindi, a essere un punto di accesso alle risorse digitali in rete ma, per essere definiti tali, devono avere una chiara finalità di servizio, una politica dichiarata di sviluppo della collezione, un’adeguata organizzazione dell’informazione digitale e dei servizi nuovi o rinnovati di accesso che si avvalgano delle tecnologie per facilitare le operazioni all’utenza di riferimento.

Le componenti

Prescindendo dalle specifiche definizioni che è possibile trovare sugli argomenti, vi sono alcune componenti che risultano essenziali affinché si possa parlare di biblioteche e archivi digitali.

Questi sono:

  • documenti: contenuti digitali, adeguatamente organizzati e distribuiti in rete, corredati da metadati, che possono essere permanenti o accessibili in determinati tempi;
  • servizi: servizi offerti grazie all’attività di mediazione del personale della biblioteca/archivio e delle interfacce che devono fornire la possibilità di reperire velocemente e facilmente il materiale;
  • utenti: singola persona o intero pubblico al quale la biblioteca o l’archivio si rivolgono e di cui conoscono necessità e bisogni. L’utente agisce autonomamente, senza intermediari, senza limiti di spazio o tempo e ha, inoltre, la possibilità di interagire con altri utenti.

I documenti

I documenti, intesi come qualsiasi entità contenente informazione che possa essere analizzata e conservata, costituiscono una delle componenti fondamentali di una biblioteca e di un archivio digitale. Questi, infatti, prendono in considerazione i documenti digitali che possono essere nati originariamente in formato digitale o creati in formati analogici e, successivamente, convertiti in digitale.

Una caratteristica fondamentale delle fonti del mondo analogico, primarie o secondarie, è rappresentata dal fatto che queste hanno sempre una precisa collocazione materiale perché si trovano in originale o in copia presso archivi, biblioteche o musei e, in alcuni casi, sono anche state oggetto di edizione critica a stampa.

Nel mondo digitale, invece, ci sono moltissime fonti digitali prive di un qualsiasi corrispettivo analogico, con le conseguenze relative alla valutazione dell’originalità e dell’autenticità.

La documentazione presente in queste particolari tipologie di biblioteche e archivi è differente da quella offerta dagli istituti tradizionali, sebbene alcuni elementi (libri, periodici, cataloghi, fotografie, mappe, tesi e materiale audio visivo) siano presenti in entrambe le tipologie.

Quando si parla di digitale, però, alcuni di questi documenti assumono una definizione differente: i libri, per esempio, diventano e-book, le riviste e-journals e i cataloghi opac.

Alcuni documenti digitali, inoltre, possono essere organizzati in forme specifiche:

  • gli open archives: archivi contenenti documenti utilizzati da un particolare gruppo di utenti, generalmente legati al mondo della ricerca scientifica: docenti, studenti, personale tecnico e amministrativo, studiosi e ricercatori di una specifica materia;
  • le banche dati: vaste collezioni di documenti digitali fortemente strutturati che possono essere direttamente consultabili (grafici, documenti alfanumerici) o accessibili successivamente per altre vie, come le bibliografie e i cataloghi bibliografici di altre biblioteche;
  • i portali: cataloghi che raccolgono i documenti presenti nella biblioteca e in altre biblioteche, le banche dati che permettono l’accesso ai periodici e altre risorse presenti in rete.

Una caratteristica fondamentale dei documenti digitali, inoltre, è che questi possono essere disponibili in formati differenti. Tra i più diffusi attualmente: TXT, DOC, PPT, RTF, HTML, SGML, XML, XHTML, TEI, PDF, ePub, LIT, JIF, JPEG, MP3, DivX, Real Audio, Real Video, AVI, Quicktime.

I servizi

I servizi sono fondamentali all’interno di biblioteche e archivi digitali, in quanto consentono l’ottimizzazione dell’incontro tra le richieste degli utenti e i documenti a loro disposizione.

I servizi principali comprendono quelli offerti da biblioteche e archivi tradizionali ma, in aggiunta, se ne trovano altri più innovativi.

Print on demand: stampa effettuata su specifica richiesta dei documenti digitali disponibili nella biblioteca o nell’archivio di riferimento, in altre biblioteche o archivi o nei depositi digitali di editori e librerie.

Prestito: fornitura di documenti via telematica o su supporti portatili per un determinato periodo di tempo, trascorso il quale il documento deve essere distrutto o restituito.

Document delivery: spedizione, su specifica richiesta, di un documento di cui la biblioteca è sprovvista.

Acquisizione: acquisto di documenti particolarmente richiesti dagli utenti ma non ancora disponibili.

Desiderata: possibilità degli utenti di segnalare i documenti che vorrebbero trovare.

Deposito legale dei documenti digitali: permette agli utenti di accedere alla produzione editoriale di uno specifico paese per un lungo periodo di tempo.

Segnaletica e marketing: permette agli utenti di conoscere e orientarsi tra i documenti.

Riserva elettronica: sistema di gestione elettronica riservato ai documenti più utilizzati in ambito didattico per i quai sono previsti servizi aggiuntivi.

Personalizzazione: l’utente ha la possibilità di personalizzare i servizi a lui rivolti.

Aggregazione degli utenti: sono offerti spazi virtuali dedicati alla socializzazione degli utenti (forum, mailing list, chat e blog), controllati dagli addetti.

Individuazione di plagi: agli utenti è garantita l’autenticità dei documenti mediante il riconoscimento e la prova di situazioni di plagio.

Un servizio molto importante, inoltre, è il reference service digitale, ovvero il servizio di assistenza che cerca di rispondere alle esigenze informative dell’utente, aiutandolo a trovare le risorse digitali di cui necessita. Questo può essere di tre tipi:

  • self-service: l’utente, servendosi del sito web o dello sportello informativo virtuale, si “auto-aiuta”;
  • asincrono: l’utente si rivolge al personale competente per ricevere assistenza tramite e-mail o compilazione di moduli di richiesta;
  • sincrono: l’utente riceve assistenza personalizzata online, in tempo reale, tramite chat, videoconferenze, programmi di messaggistica istantanea, telefonate o incontri virtuali.

Gli utenti

Senza gli utenti, quindi le persone reali, le biblioteche e gli archivi digitali non esisterebbero.

Per poter accedere ai servizi offerti da biblioteche e archivi digitali gli utenti necessitano esclusivamente di un dispositivo tecnologico (computer, tablet o smartphone) e di un collegamento a Internet.

Con questi due strumenti, infatti, gli utenti hanno la possibilità di consultare veri e propri archivi e biblioteche senza la necessità di recarsi fisicamente sul luogo e, inoltre, nel caso in cui gli enti abbiano provveduto a un’adeguata integrazione di contenuti, hanno il vantaggio di poter accedere non solo alle risorse digitali di quella specifica biblioteca o archivio ma anche a quelle presenti nelle collezioni di altri enti simili.

La principale differenza nel rapporto con gli utenti tra biblioteche e archivi tradizionali e i loro analoghi digitali risiede nella visione stessa dell’utenza; i primi, infatti, guardano all’utente come un passivo ricettore di informazioni, mentre i secondi ne riconoscono un ruolo attivo, fondamentale nel processo stesso di costruzione dell’archivio.

Ruoli e attori principali

Le biblioteche e gli archivi digitali si basano su un’interazione tra gli attori in essi coinvolti.

Si tratta di bibliotecari, archivisti, autori di libri, editori, librai, politici, storici, amministratori, insegnanti e informatici che, in quanto personale qualificato e competente, rappresentano il valore aggiunto di questi sistemi digitali.

L’attore principale, però, è l’utente che si trova all’interno del sistema ed è parte attiva di esso.

Egli, infatti, come in archivi e biblioteche tradizionali, è fruitore dei contenuti; la principale novità sta nel fatto che egli può diventare anche autore della documentazione, partecipando attivamente alla costruzione e all’ampliamento della biblioteca o dell’archivio digitale.

L’utente, quindi, ha la possibilità di inserire documentazione corredandola di metadati, aggiungere annotazioni ai documenti presenti e può, inoltre, fare parte di gruppi di valutazione e validazione dei contributi.

L’organizzazione dell’informazione nel sistema degli archivi e delle biblioteche digitali comincia con l’individuazione delle “comunità” che possono identificarsi con le ripartizioni di un ente, i dipartimenti di un’istituzione accademica, un gruppo di ricerca finalizzato allo sviluppo di un progetto o altri soggetti che cooperano al fine di raggiungere un obiettivo comune.

Questo approccio è significativo, in quanto nel concetto stesso di comunità sono impliciti i principi di interazione, cooperazione e comunicazione.

L’utilizzo dell’aggettivo “digitale” non deve far pensare che l’archivista o il bibliotecario debbano essere o diventare tecnici informatici; al contrario, all’interno di queste piattaforme, è fondamentale la presenza di soggetti che posseggano competenze archivistiche, bibliografiche, catalografiche e documentarie.

Queste, infatti, risultano indispensabili allo svolgimento di specifici ruoli attribuiti a queste figure:

  • coordinamento delle risorse, scelta di criteri e metodologie standard per la descrizione dei documenti;
  • validazione e integrazione dei metadati inseriti dall’autore, dello stile dei documenti e delle politiche di conservazione dei formati;
  • gestione della comunicazione interna ed esterna all’istituzione;
  • organizzazione di corsi all’utenza e gestione dei servizi personalizzati.

L’amministratore tecnico del sistema, invece, è colui che deve necessariamente possedere competenze informatiche per poter svolgere i ruoli a lui affidati:

  • mantenere i servizi e sviluppare funzionalità aggiuntive;
  • preservare la documentazione, attraverso l’attivazione di procedure di migrazione e/o simulazione;
  • sviluppare l’architettura del sistema;
  • gestire le operazioni di import/export dei metadata e delle risorse;
  • integrare e sviluppare nuove interfacce web.

Con l’istituzione degli archivi e delle biblioteche digitali molte figure professionali che, in passato, erano ben distinte nelle metodologie e nella pratica, si sono avvicinate, in quanto afferenti all’ambito comune della comunicazione e dell’informazione. In passato, infatti, i bibliotecari si occupavano quasi esclusivamente di pubblicazioni come i libri alla fine del percorso editoriale mentre gli archivisti tradizionalmente avevano a che fare con documenti. Oggi, invece, questa distinzione è sfumata.

Questo cambiamento è una delle conseguenze dell’impatto che la biblioteca e gli archivi digitali hanno nell’allargare la ristretta cerchia della comunità bibliotecaria e archivistica alla più ampia dei professionisti dell’informazione.

La conservazione digitale

A differenza di quanto avviene per le fonti documentarie analogiche, per le quali il passare del tempo determina, in assenza di situazioni patologiche, l’effetto duplice di accrescere il valore della risorsa che si mantiene inalterata nel tempo e di assicurare le condizioni per la verifica della sua autenticità, la gestione e la tenuta di documenti digitali deve far fronte a un costante processo di trasformazione tecnologica.

La conservazione digitale è l’insieme delle operazioni volte a garantire nel tempo le caratteristiche di autenticità, integrità, affidabilità, leggibilità e reperibilità dei documenti informatici soggetti a conservazione, contrastando i rischi derivanti dall’obsolescenza hardware e software e dalla perdita del sistema di relazioni cui nativamente è immerso ogni documento.

La funzione conservativa deve essere gestita in ambiente digitale con precocità e senza interruzioni, considerando che i tempi degli interventi necessari al mantenimento delle memorie risultano tanto più efficaci e tanto meno costosi quanto più sono contemporanei alla loro formazione e gestione corrente.

La diversificazione dei prodotti applicativi, inoltre, non consente soluzioni univoche e richiede competenze professionali dinamiche e flessibili.

La conservazione digitale è, quindi, un processo dinamico che presuppone un presidio continuo delle attività di sperimentazione e ricerca e richiede investimenti che consentano la creazione di reti che garantiscano la cooperazione e la condivisione.

La fragilità dei supporti è un fattore di rischio soprattutto in termini di sicurezza, mentre l’evoluzione del software e dei formati implica la necessità di intervenire direttamente sui testi, sui loro contenuti e sulle informazioni di contesto che consentono di mantenere il legame con la persona fisica o giuridica che li ha prodotti/acquisiti e conservati.

I documenti digitali, quindi, non possono essere conservati in forma di originale sia al fine di trasmetterli fedelmente nel tempo, sia perché l’opportunità di disporre di tecnologie di gestione e fruizione più avanzate accrescono le possibilità e funzionalità d’uso.

Numerosi sono, quindi, i vincoli che una seria politica conservativa deve rispettare e le finalità di cui deve necessariamente tenere conto.

Affinché archivi e biblioteche digitali siano conservati è indispensabile tener conto di due fattori:

  • l’autenticità: attività di identificazione e garanzia dell’integrità dei documenti e delle loro relazioni;
  • l’accessibilità: resa possibile dall’utilizzo di soluzioni tecnologiche e organizzative che consentano il superamento dei problemi di obsolescenza.

La funzione conservativa è, quindi, un insieme di attività complesse e articolate che hanno l’obiettivo di assicurare le condizioni per la sopravvivenza dei materiali digitali.

Cooperazione, collaborazione e condivisione

Un aspetto di grande valore aggiunto delle biblioteche e degli archivi digitali è la loro capacità di facilitare ed estendere la comunicazione, per fornire agli utenti contesti più ampi di condivisione della conoscenza.

Le forme di cooperazione e condivisione possono essere le più diverse e sono, almeno in parte, basate sui medesimi presupposti della cooperazione tra biblioteche e archivi tradizionali, ma con alcune nuove urgenze e con le opportunità offerte dalle tecnologie dell’informazione.

Per archivi e biblioteche digitali, cooperare significa, innanzitutto, collaborare con altri archivi e biblioteche per offrire uno spazio informativo unico dove documenti digitali, cataloghi, banche dati e servizi si integrano in modo funzionale, soddisfacendo maggiormente le necessità degli utenti.

Per far questo, però, è necessario che archivi e biblioteche interessate si accordino dal punto di vista tecnico (formati dei documenti, protocolli, sistemi di sicurezza), dei contenuti (sistemi di catalogazione e lingua) e organizzativo (sistema d’accesso, di preservazione e di autenticazione dei documenti). È la mancanza di standard e accordi comuni, infatti, la causa principale dell’assenza di cooperazione tra archivi e biblioteche.

Un altro aspetto importante della cooperazione, reso possibile dall’uso di sistemi open source utilizzati per la gestione di archivi e biblioteche digitali, è lo sviluppo condiviso dei software e il loro arricchimento con funzioni sempre nuove.

Questo sviluppo nasce direttamente dalle esigenze emerse nell’utilizzo delle procedure della biblioteca e degli archivi digitali, dai bisogni espressi dagli utenti e dall’evolversi delle modalità di lavoro.

Un aspetto fondamentale di queste nuove tipologie di archivi e biblioteche riguarda anche e soprattutto il rapporto tra biblioteca/archivio e utenti.

Gli utenti, infatti, all’interno di archivi e biblioteche digitali, cooperano tra loro e collaborano con l’ente di riferimento, al fine di creare, arricchire e migliorare l’offerta documentale proposta nelle piattaforme. L’ambito di lavoro, quindi, è quello collaborativo, in cui chi aderisce all’impresa volontariamente decide di condividere risorse e servizi, cooperando con gli altri.

È questo il vero punto di svolta nel passaggio da archivi e biblioteche tradizionali ad archivi e biblioteche digitali.

Archivi condivisi, collaborativi e inventati

La rivoluzione digitale ha portato alla nascita di diverse forme di depositi digitali.

Innanzitutto si sono creati archivi condivisi, in cui il deposito degli oggetti digitali è implementato, mantenuto e curato da più enti all’interno di un progetto condiviso.

Un altro elemento innovativo e possibile solo digitalmente è rappresentato dalla condivisione di materiale tra archivi diversi su base tematica.

Un esempio è rappresentato dalle collezioni tematiche messe a disposizione da Europeana, come Europeana Music [6] che contiene 318.796 registrazioni, spartiti e oggetti musicali conservati in diversi e numerosi archivi/biblioteche digitali di tutta l’Europa.

La possibilità di interazione col pubblico ha poi creato archivi che potremmo definire collaborativi e archivi inventati. Per archivio collaborativo possiamo intendere un archivio / biblioteca digitale che consente agli utenti di inserire al suo interno dati e informazioni o di partecipare in qualche maniera alla sua implementazione.

Un esempio è rappresentato dal progetto The September 11 Digital Archive, di cui si parla nel capitolo 10.2 di questo documento.

Sono stati invece definiti “invented archives”, traducibile in italiano nella brutta endiadi archivi inventati, quegli archivi digitali tematici che assemblano fonti diverse, in parte raccolte in maniera sistematica, in parte riversate spontaneamente dagli utenti, che creano digitalmente raccolte di documenti che non esistono nel mondo fisico, in quanto non esiste un unico ente produttore.

Si tratta spesso di raccolte spontanee, ma guidate, di fonti che riguardano una comunità di persone, in assenza di un ente deputato istituzionalmente alla loro conservazione.

Un esempio è rappresentato dall’Archivio degli Iblei, di cui si parla nel capitolo 10.6 di questo documento.

Gli archivi collaborativi, condivisi e inventati permettono, quindi, a un pubblico estraneo al mondo accademico, a livelli differenti, di contribuire alla condivisione e alla creazione di fonti e memorie digitali. Combinati con la pratica del crowdsourcing, inoltre, permettono di sfruttare al meglio le potenzialità della rete, aprendo a chiunque la possibilità di “fare storia” e costruire memorie individuali e collettive.

Per il fatto stesso di essere caricati e condivisi in rete, infatti, fotografie, testi, video e qualsiasi altra tipologia di fonte assume un “senso sociale”.

Corredati da un adeguato apparato di metadati, questi diventano testimonianza collettiva di un evento, di una memoria nella quale può rispecchiarsi quella individuale di ognuno, che costruisce la propria identità passando anche per il senso di appartenenza a una comunità.

L’elemento maggiormente caratterizzante di queste nuove forme di archivi e biblioteche riguarda, quindi, la collaborazione tra gli utenti e la condivisione a diversi livelli.

Questo dimostra come, grazie al digitale, sia possibile mettere insieme materiali di origine profondamente diversa che si trovano in luoghi anche molto distanti l’uno dall’altro.

Negli archivi collaborativi, condivisi o inventati la fonte è, quindi, creata e raccolta da una comunità che, in maniera del tutto spontanea, decide di contribuire alla creazione di memorie digitali condivise.

Archivi, biblioteche e memorie digitali

La memoria digitale può essere definita come una forma di archiviazione dei contenuti che sfrutta la tecnologia informatica utilizzando piattaforme web e social media.

Lo scopo del rendere la memoria, privata o collettiva, in formato digitale è quello di ricordare avvenimenti e registrare pensieri e opinioni circa un determinato evento.

Alla base vi è la scelta della condivisione tra utenti; il termine inglese sharing, infatti, è utilizzato nel web per descrivere la grande partecipazione degli utenti nelle piattaforme e nei servizi messi a disposizione online.

Correlati al concetto di memoria digitale, si pongono i concetti di archivio e biblioteca digitale in quanto aventi il medesimo scopo di raccogliere, preservare e rendere disponibili online contenuti digitali significativi.

In questo senso, si parla di memoria collettiva intendendo l’insieme dei ricordi di un’esperienza vissuta o mitizzata da una collettività vivente, della cui identità fa parte integrante il sentimento del passato [7].

La collettività della memoria, nel suo aspetto di fruibilità globale, trova il miglior esempio nel progetto della World Digital Library [8] , una biblioteca digitale internazionale nata nel 2009 e gestita dall’UNESCO e dalla Library of Congress degli Stati Uniti d’America.

Lo scopo primario del progetto è quello di mettere gratuitamente a disposizione degli utenti, sul proprio sito web, una vasta collezione di manoscritti, libri rari, immagini, filmati e registrazioni sonore provenienti da culture e nazioni di tutto il mondo, dando vita a un archivio digitale della conoscenza umana.

Al momento del lancio sul web la biblioteca digitale contava poco più di mille documenti che sono cresciuti esponenzialmente grazie alle attività di cooperazione, condivisione e collaborazione con biblioteche, archivi, musei e organizzazioni di tutto il mondo che hanno contribuito ad arricchire le memorie comunitarie presenti al suo interno.


Archivi e biblioteche digitali nei progetti di Digital Public History

Gli ingredienti fondamentali per avviare qualsiasi progetto di Digital public history sono:

  • partecipazione attiva del pubblico;
  • partecipazione passiva del pubblico;
  • mediazione da parte dello storico pubblico digitale.

Quando archivi e biblioteche digitali si configurano come aperti e partecipativi, prevedendo il coinvolgimento attivo del pubblico, questi diventano, o possono diventare, progetti di Digital Public History.

Queste tipologie progettuali creano interessanti opportunità di confronto tra diverse professionalità che lavorano con la storia e non solo, a partire proprio da un rinnovato incontro tra archivisti, bibliotecari e storici.

Si tratta, inoltre, di opportunità che favoriscono una maggiore consapevolezza anche nei confronti della tutela e della salvaguardia del panorama archivistico nazionale, in particolare per quanto riguarda gli archivi del Novecento, rivestendo un’importanza strategica che investe la salvaguardia delle fonti, le nuove politiche di conservazione, gestione e valorizzazione dei beni culturali e una riflessione sulla funzione didattica, civica e politica che tali fonti svolgono e svolgeranno in futuro.

Archivio digitale della Library of Congress

Figura 1 - Home page Library of Congress

Nel giugno 2007 la Library of Congress [9] , Biblioteca Nazionale degli Stati Uniti d’America, ha deciso di pubblicare, all’interno del sito web online, il proprio archivio di fotografie storiche, corredando ciascun documento di metadati e di un URL permanente, così che per ciascuno di essi fossero disponibili tutte le informazioni necessarie alla consultazione da parte degli utenti.

Allo stesso tempo, ha eseguito la medesima operazione di pubblicazione dell’archivio all’interno di Flickr [10] , un social network utilizzato per la condivisione di immagini, dando vita a qualcosa che, in precedenza, non si era mai visto.

Tramite il social, infatti, a ciascun utente è stata data la possibilità di inserire dei commenti alle varie immagini, aggiungendo quindi informazioni di tipo storico, tecnico e geografico all’intero catalogo.

Ciascuna foto è stata inizialmente pubblicata all’interno dell’archivio digitale con un solo tag (Library of Congress), mentre tutti gli altri tag che è possibile individuare sono stati inseriti dagli utenti, così come i commenti presenti.

L’esempio della Library of Congress dimostra come la pubblicazione online, secondo schemi e modalità precise, di un fondo archivistico tradizionale consenta l’implementazione continua e collaborativa da parte degli utenti che diventano protagonisti della storia e contribuiscono a scriverla.

The September 11 Digital Archive

Figura 2 - Home page The September 11 Digital Archive

L’esempio più conosciuto dell’incontro tra archivi/biblioteche digitali e Digital public history è quello del progetto The September 11 Digital Archive [11] , il quale rappresenta l’affermarsi di una nuova concezione di storia che ha permesso agli storici di testare nuove forme di lavoro collaborativo.

È grazie a questo progetto, infatti, che i public historian hanno preso coscienza del fatto che le memorie provenienti dai cittadini possono essere raccolte e incanalate per dar vita a veri e propri progetti di Digital public history.

Il progetto colleziona, conserva e illustra documentazione eterogenea relativa agli attacchi al World Trade Center di New York, in Virginia e Pennsylvania del 2001, grazie anche a contributi spontanei di testimoni diretti e indiretti degli eventi.

La collezione digitale di questo archivio non ha un soggetto produttore originario ma è messa a disposizione da un consorzio di enti che ne curano la raccolta, la pubblicazione, la conservazione e l’implementazione continua delle collezioni.

Il progetto si è sviluppato nel tempo, alimentato dalle testimonianze degli utenti che hanno permesso di comprendere come gli eventi siano stati vissuti, percepiti e comunicati.

Un elemento interessante è rappresentato dal fatto che, essendo data a tutti la possibilità di contribuirvi, all’interno dell’archivio digitale sono state inserite anche memorie e testimonianze di cospirazionisti, quindi di sostenitori dell’opinione che l’attentato fosse stato messo in atto dagli americani stessi. A seguito di riflessioni sull’argomento, gli storici hanno deciso di mantenere queste testimonianze all’interno del portale, ritenendo che si tratti di materiale utile agli storici del futuro per comprendere l’intero contesto di sviluppo dell’archivio stesso.

Ciascuna testimonianza inserita all’interno dell’archivio digitale dagli utenti contribuisce, quindi, alla creazione identitaria di una comunità e della sua memoria.

Historypin

Figura 3 - Home page Historypin

Un altro progetto che mette in evidenza la stretta relazione tra archivi/biblioteche digitali e Digital public history è Historypin [12], esempio di digital user generated archive.

Il progetto è stato realizzato dall’associazione no-profit “We are what we do” ed è un archivio digitale di foto storiche e memorie personali, interamente costruito dagli utenti.

La piattaforma online permette di visionare e appuntare (dall’inglese to pin) fotografie storiche su una mappa di Google Maps e, se Google Street View è disponibile, gli utenti possono anche sovrapporre fotografie storiche e confrontarle in contemporanea con la posizione.

Le oltre 200.000 attività e ricordi “appuntati” (documenti e immagini), presenti all’interno del progetto e provenienti da tutto il mondo, sono aperti a ogni forma di modifica e aggiornamento da parte degli utenti.

Coronarchive

Figura 4 - Home page Coronarchive

Coronarchive [13] è un portale online, realizzato da un gruppo di public historian tedeschi dell’Università di Amburgo, che nasce con lo scopo di raccogliere, archiviare, contestualizzare ed esibire le memorie dei cittadini durante la pandemia di Covid-19.

L’archivio digitale, aperto e accessibile gratuitamente, include qualsiasi oggetto disponibile in formato digitale o digitalizzabile: fotografie, video, chat, post sui social-network, lettere, e-mail, poesie, articoli di giornale, liste della spesa, rapporti, segnaletica, regolamenti, ecc.

Il progetto si sviluppa dal presupposto che la pandemia mondiale del 2020 e le relative conseguenze siano un evento storico che riguarda l’intera popolazione mondiale ma che, ciascuno, ha vissuto in maniera differente. Per questo motivo, a tutti gli utenti è data la possibilità di contribuire, così da raccogliere il maggior numero di testimonianze relative a quest’evento storico.

L’archivio, infatti, è volto a realizzare una banca digitale della memoria allo scopo di conservare e salvaguardare in maniera professionale queste memorie, affinché gli storici del futuro possano comprendere meglio il contesto in cui si è sviluppata la pandemia.

L’elemento che rende quest’iniziativa un progetto di Digital public history è il fatto che l’archivio stesso agisca come aggregatore che consente di riconnettere il tessuto sociale intorno a un’esperienza totalizzante, offrendo agli utenti la possibilità di partecipare alla vita di una comunità e diventare autori e protagonisti di un evento storico globale, contribuendo a preservarne la memoria nel tempo.

Archivio digitale Carlo Maria Martini

Figura 5 - Home page Archivio digitale Carlo Maria Martini

Il progetto dell’archivio digitale nasce per ricordare il Cardinale Carlo Maria Martini, promuovendo la conoscenza e lo studio della sua vita e delle sue opere.

Al suo interno si trovano documenti ricavati dagli archivi della Fondazione Carlo Maria Martini e dall’Archivio storico della diocesi di Milano, interamente consultabili online.

La particolarità dell’archivio digitale, che è proprio la caratteristica che ne fa un progetto di Digital public history, è l’area denominata Archivio aperto [14].

In questo spazio, infatti, sono contenuti i documenti raccolti attraverso la Call for Documents lanciata in occasione del novantesimo anniversario della nascita di Carlo Maria Martini.

Agli utenti, quindi, è offerta la possibilità di caricare in formato digitale i documenti di Carlo Maria Martini in proprio possesso, condividendoli con tutta la comunità online ma, allo stesso tempo, conservandoli fisicamente presso le proprie abitazioni.

I soggetti produttori della documentazione dell’archivio aperto, anche in questo caso, sono i cittadini che, tramite i loro contributi, danno vita all’archivio stesso, aprendo nuovi e differenti scenari di racconti e narrazioni.

Archivio degli Iblei

Figura 6 - Home page Archivio degli Iblei

L’Archivio degli Iblei [15] è un archivio digitale partecipato italiano che riunisce fonti (fotografie, documenti, testimonianze orali, storie di famiglia, ricerche, tesi di laurea) provenienti da archivi pubblici, privati e da singoli cittadini.

Il progetto nasce nel 2013 con lo scopo di favorire la riflessione e la ricerca sulla storia dei paesi della provincia di Ragusa, in Sicilia, valorizzandone il patrimonio storico, paesaggistico, documentario e iconografico.

Si tratta di un archivio inventato, in quanto è realizzato interamente in formato digitale senza che vi sia un deposito fisico presso un ente deputato istituzionalmente alla sua raccolta.

I principali canali di comunicazione, partecipazione e condivisione dell’archivio sono il sito web e il gruppo Facebook: grazie a questi, infatti, molti interventi degli utenti, dopo esser stati filtrati dalla redazione, vengono inseriti all’interno dell’archivio.

In questo modo, grazie alla partecipazione attiva degli utenti sui diversi canali, l’archivio si arricchisce continuamente di preziose informazioni, utili a preservare la memoria storica della comunità ragusana.

Archivio digitale Giuseppe Pinelli

Figura 7 - Home page Archivio digitale Giuseppe Pinelli

Il progetto italiano Giuseppe Pinelli: una storia soltanto nostra, una storia di tutti [16], è un’iniziativa di Digital public history realizzata a cura del collettivo di lavoro del Centro Studi Libertari.

L’obiettivo del progetto è la raccolta di materiali, documenti e memorie riguardanti la figura di Giuseppe Pinelli (1928-1969), la sua vita e le circostanze della sua morte.

All’interno della piattaforma, la sezione Contribuisci è dedicata agli utenti, ai quali è data la possibilità di contribuire all’archivio digitale tramite materiali, iniziative e storie.

I materiali vengono poi organizzati da professionisti e resi disponibili sulla piattaforma, così che possano contribuire a creare percorsi, memorie e nuove storie intorno alla figura del protagonista e agli eventi storici che hanno caratterizzato quel periodo.


Bibliografia e sitografia

  1. Christine Borgman, National electronic library report, in Sourcebook on digital libraries: report for the national science foundation, ed. Edward A. Fox. Blacksburg, 1993, p. 126-147.
  2. William Y. Arms, Digital libraries Cambridge, MA, London: MIT Press, 2000, cap. 7.
  3. Chris Rusbridge, Towards the Hybrid Library, D-Lib Magazine July/August 1998.
  4. https://www.gutenberg.org/
  5. 14 dicembre 1993, n. 537, 29 dicembre 1993, n.580, 8 agosto 1994, n. 489.
  6. http://www.europeana.eu/portal/en/collections/music
  7. Pierre Nora, Mémoire collective in La nouvelle histoire, Paris: Retz, 1978, p. 398.
  8. https://www.wdl.org/en/
  9. https://www.loc.gov/
  10. https://www.flickr.com/photos/library_of_congress/
  11. http://911digitalarchive.org/
  12. https://www.historypin.org/en/
  13. https://coronarchiv.geschichte.uni-hamburg.de/projector/s/coronarchive/page/welcome
  14. http://archivio.fondazionecarlomariamartini.it/fcmm-web/archivioAperto/search/result.html
  15. http://www.archiviodegliiblei.it/
  16. http://omeka.bida.im/s/pinelli/page/home



Citazione di questo articolo
Come citare: CONTI, Vanessa Giusy . "Archivi e biblioteche digitali". In: CLIOMATICA - Portale di Storia Digitale e ricerca. Disponibile in: http://lhs.unb.br/cliomatica/index.php/Archivi_e_biblioteche_digitali. il giorno: 1/07/2024.






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