Storia e social media

De Cliomatica - Digital History
Tempo di lettura 29 minuti - per Alice Baroni


Caratteristiche

Per social media o social network si intendono quei servizi web che consentono la condivisione da parte degli utenti di contenuti di vario formato, anche generati da loro stessi, e rispondono alla filosofia del web 2.0 [1]. I termini social network e social media sono spesso usati come sinonimi ma è doveroso spiegare la differenza e tenere di conto della sfumatura di significato; il primo indica una serie di servizi online che racchiudono una rete di persone, o meglio una struttura sociale con interessi comuni. Il secondo invece, definisce il software o l’applicazione creati per produrre e condividere contenuti. Inoltre, i social media vengono spesso suddivisi in categorie che definiscono la tipologia di contenuto creata e condivisa dagli utenti.

Queste applicazioni hanno una propria natura e nomenclatura che può variare a seconda della funzione che si apprestano a svolgere. In linea generica permettono agli utenti interessati di:

  • creare un profilo personale solitamente, visibile a coloro che sono iscritti;
  • costruire lista/e di utenti con cui connettersi ed interagire;
  • creare e pubblicare contenuti di vario genere.

Ogni piattaforma poi si differenzia per determinate caratteristiche, peculiari servizi e usi che gli utenti praticano all’interno della rete sociale [2] . In questo spazio sociale virtuale vengono spesso a formarsi anche delle “comunità” specifiche, basate su passioni e interessi comuni.

Con l’avvento dei social la rete funge quindi da collante per gli individui, che a loro volta aggiungono valore alle piattaforme utilizzate, fornendo contenuti, ricevendo informazioni e al tempo stesso esprimendo sentimenti e pensieri. I social network sono tra le realtà più innovative del mondo digitale emerse in questo inizio di XXI secolo: favoriscono lo scambio e la divulgazione di idee, pensieri, sentimenti e documenti, testimoniano sentimenti, idee, preferenze del pubblico, consentendo anche lo sfruttamento a fini commerciali e / o di ricerca di questo preziosissimo materiale, mai prima di ora disponibile [3].

Grazie alle tecnologie, i contenuti prodotti nel social network sono natura assi varia: gli utenti sono liberi di produrre e condividere testi, foto, video e audio, gif animate, giochi, ipertesti. Così facendo di fatto condividono anche sapere, conoscenze competenze.

Molti social network offrono la possibilità di ‘valutare’ ed ‘esprimere’ approvazione o meno, rispetto a una pubblicazione condivisa da un altro utente attraverso cuori (o like), commenti o emoticon: questo rende quindi i social network anche piattaforme estremamente utili a promuovere iniziative di vario genere, comprese quelle a carattere storico-culturale.

Bibliografia

  1. Sociologia dei new media di Renato Stella, Claudio Riva, Cosimo Marco Scarcelli, Utet Università, 2018
  2. Tiago Gil 2015, «Storici e informatica: l’uso dei database (1968-2013)», Memoria e ricerca, 50, p. 161-178
  3. Marco Massarotto, Social Network: costruire e comunicare identità in Rete, Apogeo, 2011
  4. S. Noiret, Digital Public History narratives with Photographs. «Public History Weekly» 3 (2015) 31


Storia dei social media

Figura 1: Piattaforme e reti sociali introdotte dal web 2.0
Il web 2.0, come illustra lo schema della Figura 1, ha introdotto piattaforme e reti sociali interattive ed ha avviato nuove forme di comunicazione e pubblici diversi.


Figura 2: Logo social media "Sixdegrees"
Per quanto riguarda le reti sociali a fine anni 90, il mondo virtuale inizia a prendere campo, infatti il primo social media comparve nel 1997 con il nome di Sixdegre [4] , il cui logo è riportato in figura 2, creato dallo statunitense Ellison. L’obiettivo di questo sito web era di mettere in contatto persone in rete con cui stabilire relazioni digitali. La logica su cui si basava era incentrata sulla teoria dei sei gradi di separazione di Milgram [5].


Figura 3: Interfaccia visualizzata da un utente che utilizzava "Friendster"
Qualche anno più tardi, precisamente nel 2002, venne coniato per la prima volta il termine social network [6] grazie a Friendster [7] , un nuovo social media che permetteva la nascita di profili personali (figura 3).


Sempre negli USA continuarono a prendere campo nuovi siti web come Ryze [8] , di Adrian Scott, social network per i professionisti.


Figura 4: Esempio di profilo MySpace
Nello stesso anno molti utenti iniziarono ad usare un altro social media: MySpace [9] (figura 4), che voleva essere uno spazio per i giovani. La fortuna di questo social risiedeva in un bug (ossia in un errore di programmazione) all’interno del sito, grazie al quale gli utenti scoprirono di poter personalizzare le pagine del social. Proprio a causa di questo "inconveniente" il pubblico all’interno del social network tendeva a crescere esponenzialmente, poiché vi trovava un luogo dove condividere i propri pensieri ed esprimere la propria capacità creativa.

Nel 2005 MySpace venne venduto a News Corporation e il successo ottenuto iniziò a scemare.


Figura 5: Esempio delle attività e di post possibili su LinkedIN
Il 2003 fu un anno importante per i social media poiché grazie a Hoffman e ad alcuni membri di Paypal [10] venne lanciato LinkedIN [11] , piattaforma interamente dedicata al mondo del lavoro dove le relazioni sono utili per la carriera. In questo social network il profilo personale è il proprio curriculum vitae e le relazioni sono basate totalmente sull’ambito professionale. La figura 5 mostra l’interfaccia grafica di attività svolte da alcuni profili all’interno del social.


Figura 6: Profilo di Zuckerberg agli albori di Facebook
lI 4 febbraio 2004 grazie a Mark Zuckerberg comparve “The Facebook” [12] , inizialmente era la versione online dell’annuario di Harvard, si trasformò tuttavia ben presto in un vero e proprio social network. Le due caratteristiche principali, fin dagli albori, sono state legate alla possibilità di creare un proprio profilo e di restare in contatto con le persone conosciute. La figura 6 mostra il profilo personale del fondatore, quando il social network, era solo per gli studenti di Harvard. Oggi l’interfaccia con cui si presenta Facebook è molto differente e sono state enormemente ampliate le sue funzionalità.


Due anni dopo, il 15 Luglio 2006, è il momento di Twitter [13] , il quale offriva inizialmente un servizio di messaggistica per piccoli gruppi. Attualmente è tra i social network più popolari, grazie alla sua semplicità ed immediatezza. I post condivisibili, chiamati tweet, possono contenere al massimo 140 caratteri e sono visibili a tutti, a meno che l’utente creatore del post, non ne limiti la visibilità. Twitter è una delle fonti migliori per gli storici della contemporaneità, poiché permette agli utenti di inserire hastag, utili a categorizzare i diversi contenuti. Inoltre, è l’unico social ad aver depositato i contenuti prodotti presso la Library of Congress di Washington.

Figura 7: Piattaforma Academia.edu
Oggi i social media presenti in rete sono numerosi; Facebook, Twitter e LinkedIN hanno tenuto il passo, e grazie ai loro aggiornamenti vantano sempre numerosi iscritti, oltre a nuove attività ogni anno. Nel mondo web sono comparse con il tempo, nuove piattaforme che hanno guadagnato grande popolarità. Tra le più note: Instagram [14] , social media che permette all’utente di condividere le proprie foto, commentare, mettere like e chattare. Anche le app di dating [15] , come Tinder [16] , hanno riscosso molto successo, e nondimeno sono state le piattaforme di messaggistica. Sia Whatsapp [17] che Telegram [18] , infatti, vengono ad oggi utilizzate per poter parlare con amici, parenti, colleghi o semplicemente entrare in gruppi con persone che hanno interessi comuni.

Con la crescita sempre più del digitale e dei social network, sono state pensate delle piattaforme social, apposite per depositare articoli e per scambiarsi materiali di ricerca. Queste hanno favorito lo scambio e la collaborazione tra ricercatori, studenti e studiosi autonomi. Due esempi di social che hanno favorito la pubblicazione di materiale accademico o semplici riassunti sono Acdemia.edu [19] (Figura 7) o Research.gate [20] .

Di fatto questi social hanno in parte supplito alla difficoltà delle accademie e dei centri di ricerca di creare proprie reti di scambio, creando servizi di contatto reciproco particolarmente utili all'ambito umanistico, pur con evidenti difetti. Entrambi hanno lo scopo di dare ai ricercatori e alle loro pubblicazioni massima visibilità, ma a differenza di archivi aperti istituzionali, sono aziende a scopo di lucro, quindi da gratuiti potrebbero diventare a pagamento e nel caso l’investimento non risultasse più redditizio, potrebbero anche sparire, con conseguente perdita dei dati caricati dai vari utenti. Altro rischio di queste reti sociali che favoriscono la pubblicazione di documenti e lo scambio di materiale accademico, riguarda il diritto d’autore, infatti queste piattaforme possono vendere a terzi ciò che gli utenti condividono sulla piattaforma.

Zotero [21] è un software, libero e open source, utile a gestire i riferimenti bibliografici e dei materiali ad essi correlati. Grazie a questa piattaforma è possibile condividere la propria bibliografia, creando gruppi di collaborazione formati da persone che sono legate da interessi comuni. Zotero è una reta sociale, all’interno della quale è possibile scoprire se ci sono persone che fanno ricerche simili alle nostre, consultare i loro curricula e bibliografie, avere un profilo personale per interagire con il lavoro degli altri utenti.

Bibliografia

  1. Articolo di Silvia Pasqualotto, Una relazione su 3 nasce online e le app di dating valgono 4,6 milirdi, su “Il sole 24 ore”, 14 febbraio 2018.
  2. Marco Massarotto, Social Network. Costruire e comunicare identità in rete, Apogeo, 2011.
  3. Sociologia dei new media di Renato Stella, Claudio Riva, Cosimo Marco Scarcelli, Utet Università, 2018
  4. Barabasi, Link. La scienza delle reti, Feltrinelli, 2004
  5. Sociologia dei new media di Renato Stella, Claudio Riva, Cosimo Marco Scarcelli, Utet Università, 2018.
  6. Eva Perasso, I primi 25 iscritti a Facebook, “Corriere della sera”, 7 febbraio 2013 <https://www.corriere.it/tecnologia/social/13_febbraio_06/facebook-primi-25-iscritti_bd06155e-704c-11e2-8bc7-4a766e29b99e.shtml>, 27/12/2020
  7. Psicologia del lavoro, <https://www.psicologiadellavoro.org/social-media-e-social-network-dalle-origini-ad-oggi/>, 27/12/2020

I social media come fonti storiche

Partendo dal presupposto che ogni social network contiene grandi quantità di informazioni e dati, risulta ovvio dire che ognuna delle piattaforme prima elencate rappresenta un patrimonio inestimabile di fonti storiche, che è necessario conoscere bene dal punto di vista dell'uso, delle tipologie di contenuti e del funzionamento per poterle correttamente utilizzare. In questi spazi vengono giornalmente digitalizzate centinaia di migliaia di fonti e si creano in continuo nuove fonti born digital. I social contengono inoltre informazioni non strutturate, small e big data [22] , che, se opportunamente cercati e selezionati, possono costituire fonti primarie o secondarie di elevata importanza.

Le tipologie disponibili sono numerose all’interno dei social media, basti pensare che un post su Facebook , condivisibile da un qualsiasi profilo, può contenere: testo, foto, video, link a siti web, giochi presenti nella piattaforma stessa, foto 3D, conversazioni e probabilmente con il passare del tempo, conterrà anche altre tipologie di contenuti.

Una delle caratteristiche peculiari dei social network è quella di consentire il recupero delle informazioni personali spontaneamente pubblicate dal singolo utente e quindi di conoscere le preferenze delle persone. Questa caratteristica viene oggi sfruttata commercialmente all'interno delle stesse piattaforme tramite la pubblicazione di pubblicità personalizzate generate da appositi algoritmi. Tuttavia, si tratta di algoritmi creati all'interno delle stesse aziende a cui appartengono i social e, normalmente, non accessibili all'esterno. Quindi all’interno di queste piattaforme è possibile risalire alla cronologia dei post pubblicati dai vari profili solo con una ricerca manuale e a patto di avere un legame personale con quel profilo/gruppo/pagina.

Figura 8: Canale YouTube Istituto Luce
Ovviamente ogni social media, soprattutto i più popolari, hanno decine di milioni di utenti iscritti, quindi le fonti possono essere non solo primarie e secondarie, ma soprattutto anche false, incomplete o poco pertinenti. Fortunatamente ad oggi molte istituzioni e ricercatori hanno profili ufficiali sui social, come ad esempio “Istituto Luce” [23] ha il proprio canale su YouTube [24] (figura 8). È facile quindi risalire alle fonti più affidabili come quelle pubblicate dai profili ufficiali di istituzioni affermate. Tuttavia, non sempre le fonti messe a disposizione dalle istituzioni, dai governi e dalle interviste possono essere considerate di per sé autentiche né sufficienti al fine di una ricerca.

Va da sé che i social non sono solo contenitori di fonti storiche, ma sono essi stessi - come si è detto - generatori di fonti, a prescindere che lee notizie diramate e condivise siano vere, false o artefatte. Per fare un esempio le fake news su un determinato argomento prodotte e condivise sui social sono esse stesse una fonte storica preziosissima per ogni ricerca che abbia al suo centro la generazione di fake news o la percezione del pubblico di un determinato fenomeno.

Grazie alle tecnologie interattive del web 2.0, e anche ai social network, è possibile ad esempio acquisire uno spaccato della Public History [25] , intesa come storia pubblica comune, derivante da contributi dati dalle stesse interazioni del pubblico sui temi legati alla storia. In questo modo gli utenti che popolano il social network sono sia produttori di fonti, che consumatori di notizie. Le fonti ricercate all’interno dei social media sono da considerarsi “native digitali”, di conseguenza la loro ricerca è più affine con le scienze informatiche rispetto a quelle sociali [26].

Le fonti presenti sui social media rappresentano quindi una novità per lo storico da diversi punti di vista. Sui social lo storico non cerca di raggiungere o consultare, come poteva fare in biblioteca o in archivio documenti ‘più attendibili’, ma ha la possibilità di estrapolare dati e informazioni direttamente dalle testimonianze del pubblico, ovviamente dotandosi degli opportuni strumenti per la loro valutazione critica.

I dati forniti dai social media possono essere fonti storiche utili in ambiti differenti. Un esempio può essere tratto dalla la campagna elettorale del presidente americano Obama del 2008 [27] , incentrata proprio sulla comunicazione attraverso i social, in particolare Twitter. Questa innovazione ha creato un patrimonio sterminato di fonti utile ad analizzare i diversi aspetti storici, culturali, antropologici, sociologici e politici del fenomeno. Particolarmente utile a questo fine risulta proprio Twitter, poiché, ad oggi, è l’unico social a depositare i contenuti pubblicati presso la Library of Congress [28] di Washington. Questa scelta è stata annunciata nel 2010 attraverso un tweet della stessa piattaforma, la quale motivava la decisione spiegando che questi contenuti possono essere parte integrante della storia. Questi grandi database che ormai da più di un decennio raccolgono informazioni sulle vite di ognuno di noi, saranno per gli storici del futuro archivi giganti da interrogare.

Attualmente purtroppo, non esiste ancora un ente che conservi e cataloghi i contenuti dei maggiori social media. Sarebbe invece importante pensare a un’archiviazione sistematica e ad un’accessibilità ampia di questa documentazione, per evitare che fonti essenziali del ventunesimo secolo vadano perdute.

Bibliografia

  1. Alessandro Arezzini, Cosa sono i big data, in Big Data. Architettura, tecnologie e metodi per l’utilizzo di grandi basi di dati, Apogeo, 2013
  2. E. Salvatori, Digital (Public) History: la nuova strada di una antica disciplina, in «RiMe – Rivista dell’lstituto di Storia dell’Europa Mediterranea», (2017), fascicolo "Scienze umane, dalla produzione di nuova conoscenza alla disseminazione e ritorno" a cura di G. Sini
  3. Serge Noiret, «Public History» e «storia pubblica» nella rete, «Ricerche storiche» XXXIX/2-3 (2009), pp. 275–327.
  4. Serge Noiret, Storia contemporanea digitale, in Il web e gli studi storici. Guida critica all’uso della rete, a cura di R. Minuti, Carocci, 2015
  5. M. Ravveduto ed E. Salvatori, Storia digitale e digital public history: le novità di un antico mestiere in uscita su Digital Humanities: metodi, strumenti, saperi, a cura di Fabio Ciotti e Francesca Tomasi, Carocci, in corso di stampa

Come lo storico può gestire i social media?

Per uno storico il fulcro principale per la ricerca sono le fonti. All’interno dei social media gli utenti diventano creatori di contenuti ed essi stessi valutano le loro creazioni. Colui che intende quindi fare ricerca partendo dalle fonti digitali, nello specifico partendo da ciò che viene pubblicato all’interno dei social network, deve sicuramente vagliare attentamente i materiali e le risorse messe a disposizione, andando a selezionare in maniera adeguata i contenuti. Il prodotto storiografico deve infatti tendere sempre alla verità storica.

Possiamo dire che il lavoro dello storico nell’era digitale può essere diviso in due livelli: nel primo, fa uso di fonti digitalizzate e rese disponibili sulle diverse piattaforme presenti sul web; nel secondo, invece, intende gestire informazioni nuove create dagli utenti a ritmo incalzante sul web e in particolare sui social network. Sicuramente questo secondo livello è, dal punto di vista dell'impostazione e della gestione della ricerca, molto più complesso [29].

Figura 9: Esempio di Hastag
La logica con cui viene fatta ricerca, con l’avvento dei social media cambia, poiché si deve innanzitutto raccogliere i dati pubblicati e in seguito filtrarli, andando a inserire etichette e metadati [30] . Questo nuovo approccio porta notevoli difficoltà, poiché si ha a che fare con un numero enorme di informazioni potenzialmente interessanti, che devono rispondere alle domande dello storico ma al tempo stesso anche relazionarsi con sistemi di categorizzazione delegati dagli utenti stessi [31]. Molto utile e fondamentale per la categorizzazione delle informazioni, risulta essere l’uso degli hastag [32] (figura 10), caratteristica presente soprattutto in Twitter. Grazie a questo collegamento ipertestuale [33] di indicizzazione, è possibile racchiudere i diversi contenuti in categorie.

Al fine di una ricerca completa ed esaustiva, è essenziale saper raccogliere, gestire e analizzare i big data presenti in Twitter, quindi lo studioso è tenuto oggi ad avere specifiche competenze informatiche in modo da produrre un’elaborazione metodologicamente corretta e trasparente dei dati.

I post, i tweet, le foto e i testi pubblicati sui social media sono testimonianze di avvenimenti, pensieri, tendenze. Ogni evento politico, naturale, scoperta, festeggiamento, commemorazione e via dicendo, ha quasi sempre dirette testimonianze sui social networks prodotte direttamente dagli utenti.

Il pubblico partecipa agli eventi sia che la notizia gli arrivi passivamente, sia che gli utenti stessi prendano parte alla notizia pubblicando o commentando l’argomento.

Il compito dello storico è quello di ricercare, selezionare ed analizzare le varie pubblicazioni, e al tempo stesso rendersi conto che questo tipo di documenti non sono permanenti sulle piattaforme e chela loro consultazione non è ovunque libera, trasparente e accessibile. Lo studioso che si accinge a studiare il presente utilizzando i social media corre il grosso rischio che materiale grezzo di studio e di analisi sparisca nel mentre lo sta analizzando, poiché nessuno gli garantisce la permanenza di quei documenti nel tempo in archivi ufficiali.

Lo storico della nostra epoca, quindi, ha compiti più complessi del passato e anche responsabilità nuove nei confronti della società e delle istituzioni, che deve sensibilizzare nella pratica della conservazione corretta delle fonti digitali; necessita inoltre di competenze che prima non erano richieste relative all'utilizzo corretto di alcuni software nel saper estrarre e analizzare queste nuove tipologie di dati.

Bibliografia

  1. Mario Pireddu, Social media e social network sites come fonti di storia. Tra big data e software studies, in Mediascapes journal, Università di Roma Tre, 8/2017.
  2. E. Salvatori, Digital (Public) History: la nuova strada di una antica disciplina, in «RiMe – Rivista dell’lstituto di Storia dell’Europa Mediterranea», (2017), fascicolo "Scienze umane, dalla produzione di nuova conoscenza alla disseminazione e ritorno" a cura di G. Sini
  3. Serge Noiret, «Public History» e «storia pubblica» nella rete, «Ricerche storiche» XXXIX/2-3 (2009), pp. 275–327.
  4. Serge Noiret, Storia contemporanea digitale, in Il web e gli studi storici. Guida critica all’uso della rete, a cura di R. Minuti, Carocci, 2015
  5. M. Ravveduto ed E. Salvatori, Storia digitale e digital public history: le novità di un antico mestiere in uscita su Digital Humanities: metodi, strumenti, saperi, a cura di Fabio Ciotti e Francesca Tomasi, Carocci


Bibliografia e sitografia

  1. Da enciclopedia Treccani: Termine che sta ad indicare la seconda diffusione di internet, caratterizzata, come maggiore interazione tra utente e sito. URL [1], 28/12/2020
  2. Sociologia dei new media di Renato Stella, Claudio Riva, Cosimo Marco Scarcelli, Utet Università, 2018, pp 85-109
  3. M. Massarotto, Social Network: costruire e comunicare identità in Rete, Apogeo, 2011, pp 38-70
  4. Wikipeida voce “Sixdegree”: URL [2].
  5. Sociologia dei new media di Renato Stella, Claudio Riva, Cosimo Marco Scarcelli, Utet Università, 2018. Esperimento messo in pratica da Milgram, volto a dare una conferma scientifica alla “teoria del piccolo mondo”. Scelse alcuni cittadini americani del Midwest, e chiese loro di spedire una lettera ad un abitante del Massachussets a loro del tutto estraneo. I partecipanti all’esperimento conoscevano il nome del destinatario e lo Stato dove viveva, ma non l’indirizzo. Fu quindi chiesto di inviare la lettera alla persona di loro conoscenza che ritenessero avere più probabilità di conoscere il destinatario. Questa persona avrebbe poi a sua volta eseguito lo stesso compito, fino ad arrivare a consegnare la lettera al prescelto. L’esperimento dimostrò che, per arrivare al destinatario finale, in tutti i casi ci vollero fra i cinque e i sette passaggi. La pubblicazione di questi risultati sulla rivista “Psychology Today” e l’eco che ne derivò portò alla nascita dell’espressione “sei gradi di separazione” come la conosciamo oggi e alla sua rapida diffusione.
  6. Massarotto, Social Network.cit. p. 9.
  7. Wikipeida voce “Friendster”: URL [3], 27/12/2020.
  8. Wikipedia voce “Ryze”: URL [4], 27/12/2020.
  9. Wikipedia voce “MySpace”: URL [5], 27/12/2020.
  10. Paypal: URL [6], 28/12/2020. Servizio che ti consente di pagare, inviare denaro e accettare pagamenti in modo più rapido, semplice e sicuro, senza dover immettere ogni volta i tuoi dati finanziari.
  11. LinkedIn: URL [7].
  12. Facebook: URL [8]. Attualmente è il social network più famoso e utilizzato al mondo.
  13. Twitter: URL [9].
  14. Instagram: URL [10].
  15. Articolo di Silvia Pasqualotto, Una relazione su 3 nasce online e le app di dating valgono 4,6 milirdi, su “Il sole 24 ore”, 14 febbraio 2018. URL [11], 28/12/2020.
  16. Tinder: URL [12].
  17. Whatsapp: URL [13].
  18. Telegram: URL [14]
  19. Academia.edu: URL [15].
  20. Research.gate: URL [16].
  21. Zotero: URL [17]
  22. Dati prodotti in gran numero, molto rapidamente e in formati differenti. Devono essere elaborati da tecnologie e risorse al di là dei sistemi convenzionali di gestione e immagazzinamento dei dati. Alessandro Arezzini, Cosa sono i big data, in Big Data. Architettura, tecnologie e metodi per l’utilizzo di grandi basi di dati, Apogeo, 2013. Gli small data invece sono dati abbastanza piccoli da poter essere compresi dagli esseri umani, il volume di informazioni da processare ridotto rende il dataset informativo e azionabile. Da Wikipedia voce “small data”: URL [18].
  23. Società per azioni italiana, creata nel 1924 durante il regima fascista in Italia, con le finalità di propaganda politica e diffusione culturale attraverso cinegiornali e documentari. Sito web “Istituto luce”: URL [19], 28/12/2020.
  24. YouTube: URL [20].
  25. Disciplina nata nel mondo anglosassone e negli Stati Uniti, ma che da qualche anno sta avendo successo anche in Italia. La Public History propone un nuovo approccio dal punto di vista del metodo nei confronti della storia, andando ad influenzare il modo in cui oggi viene studiata, analizzata, condivisa, insegnata, oltre che sul modo in cui le fonti che documentano i fenomeni del passato vengono pubblicate, conservate e addirittura prodotte. Il pubblico grazie alla Public History, diventa prosumer di storia ed ha un ruolo attivo nelle relazioni comunicative storiche.
  26. Serge Noiret, Storia contemporanea digitale in “Storia Digitale” edited by Rolando Minuti, Roma, Carocci, 2015.
  27. Obama nel 2012, durante la campagna elettorale, ha utilizzato i social network per condividere con la popolazione le sue idee e le sue attività. Questo nuovo modo di comunicare e interagire con la popolazione ha avuto molto successo. Da quel momento in poi, sicuramente le operazioni di comunicazione politica fanno parte dell’analisi nella rete per la Public History. Serge Noiret, La Public History negli Stati Uniti, in “Public History” e storia pubblica nella rete, Istituto Universitario Europeo.
  28. Biblioteca nazionale degli Stati Uniti d’America.
  29. Mario Pireddu, Social media e social network sites come fonti di storia. Tra big data e software studies, in Mediascapes journal, Università di Roma Tre, 8/2017.
  30. Termine informatico per definire un insieme di informazioni sui dati. Essi sono spesso definiti anche come “dati sui dati”. Il termine deriva dall’inglese metadata, che trae origine dal prefisso meta- (dalla preposizione greca metà “al di sopra”) e dal plurale neutro latino data ossia “i dati”. Definizione ripresa da Treccani: URL [www.treccani.it], 28/12/2020.
  31. Serge Noiret, Storia contemporanea digitale in “Storia Digitale” edited by Rolando Minuti, Roma, Carocci, 2015.
  32. In alcuni motori di ricerca e, in particolare, in siti di microblogging, parola o frase (composta da più parole scritte unite), preceduta dal simbolo cancelletto (#), che serve per etichettare e rintracciare soggetti di interesse.
  33. Wikipedia voce “Collegamento ipertestuale”: URL [21], 28/12/2020.



Citazione di questo articolo
Come citare: BARONI, Alice . "Storia e social media". In: CLIOMATICA - Portale di Storia Digitale e ricerca. Disponibile in: http://lhs.unb.br/cliomatica/index.php/Storia_e_social_media. il giorno: 1/06/2024.






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