Mudanças entre as edições de "EDIZIONE DIPLOMATICA"

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Proprio tali caratteristiche la differenziano dall’edizione interpretativa che, al contrario, fonda le proprie basi sull’interpretazione e la conseguente correzione di tutti quegli aspetti poco chiari al lettore non specializzato, che potrebbe avere non poche difficoltà a rapportarsi col testo originale. L’edizione diplomatica, quindi, è fortemente rivolta ad un pubblico di ‘addetti ai lavori’ che desiderino leggere il testo in una forma maggiormente accessibile e ‘comoda’, in quanto riprodotta su supporti recenti e maggiormente disponibili, ma pur sempre aderente al testo così come si presenta nel codice/libro a stampa trascritto.  
 
Proprio tali caratteristiche la differenziano dall’edizione interpretativa che, al contrario, fonda le proprie basi sull’interpretazione e la conseguente correzione di tutti quegli aspetti poco chiari al lettore non specializzato, che potrebbe avere non poche difficoltà a rapportarsi col testo originale. L’edizione diplomatica, quindi, è fortemente rivolta ad un pubblico di ‘addetti ai lavori’ che desiderino leggere il testo in una forma maggiormente accessibile e ‘comoda’, in quanto riprodotta su supporti recenti e maggiormente disponibili, ma pur sempre aderente al testo così come si presenta nel codice/libro a stampa trascritto.  
  
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[[Arquivo:InMarchiDiplomatica2.png|150px|thumb|left|]] In tal senso, però, non è giusto considerare l’edizione diplomatica come un’alternativa al testimone materiale; di quest’ultimo, infatti, si riprendono le peculiarità relative all’usus scribendi di quello specifico testimone, ma si perdono tutte quelle caratteristiche fisiche legate al supporto in cui il testo si trova, le quali sono altrettanto importanti per il lavoro del filologo. A tal proposito, il filologo italiano Vittore Branca affermava: «le trascrizioni diplomatiche sono naturali e necessarie per documenti archivistici o per inediti di interesse prevalentemente linguistico. Avanzo invece riserve sulla possibilità di sostituire alla utilizzazione del manoscritto o di un suo facsimile quella di una trascrizione diplomatica, sia pur ottima, ma sempre inadeguata e non attendibile pienamente per i limiti invalicabili dei mezzi tipografici e della stessa attenzione umana fatalmente fallibile.» <ref> V. Branca, ''Edizione diplomatica e/o riproduzione?'', «Lettere italiane», 29 (1977) n. 2</ref> .  Quindi, è bene non valutare l’edizione diplomatica alla stregua dell’edizione meccanica, anche detta ‘facsimile’, la quale può rappresentare, in caso di impossibilità di accedere al testimone fisico, l’unica alternativa del filologo per uno studio puntuale e scientifico attuabile attraverso fotografie, ''microfilm'', ecc.
In tal senso, però, non è giusto considerare l’edizione diplomatica come un’alternativa al testimone materiale; di quest’ultimo, infatti, si riprendono le peculiarità relative all’usus scribendi di quello specifico testimone, ma si perdono tutte quelle caratteristiche fisiche legate al supporto in cui il testo si trova, le quali sono altrettanto importanti per il lavoro del filologo. A tal proposito, il filologo italiano Vittore Branca affermava: «le trascrizioni diplomatiche sono naturali e necessarie per documenti archivistici o per inediti di interesse prevalentemente linguistico. Avanzo invece riserve sulla possibilità di sostituire alla utilizzazione del manoscritto o di un suo facsimile quella di una trascrizione diplomatica, sia pur ottima, ma sempre inadeguata e non attendibile pienamente per i limiti invalicabili dei mezzi tipografici e della stessa attenzione umana fatalmente fallibile.» <ref> V. Branca, ''Edizione diplomatica e/o riproduzione?'', «Lettere italiane», 29 (1977) n. 2</ref> .  Quindi, è bene non valutare l’edizione diplomatica alla stregua dell’edizione meccanica, anche detta ‘facsimile’, la quale può rappresentare, in caso di impossibilità di accedere al testimone fisico, l’unica alternativa del filologo per uno studio puntuale e scientifico attuabile attraverso fotografie, ''microfilm'', ecc.
 
  
 
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Edição das 22h45min de 27 de março de 2021

Tempo di lettura 3 minuti - per Francesco Marchi


L’edizione diplomatica «è impiegata nella pubblicazione di fonti documentarie di tipo archivistico (dette appunto diplomi, come diplomatica è la disciplina che li studia), e dunque essa prevede ‘l’esatta e fedele riproduzione a stampa di un esemplare manoscritto, senza che abbia luogo, da parte dell’editore, il benché minimo intervento […] per regolarizzare la divisione delle parole e alterare l’usus grafico-fonetico» [1] . L’editore, vale a dire, non applica alcun tipo di intervento nei confronti del testo di partenza, che viene semplicemente riprodotto in caratteri a stampa comprensivi di eventuali errori, abbreviazioni, parole non separate, ecc.

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Proprio tali caratteristiche la differenziano dall’edizione interpretativa che, al contrario, fonda le proprie basi sull’interpretazione e la conseguente correzione di tutti quegli aspetti poco chiari al lettore non specializzato, che potrebbe avere non poche difficoltà a rapportarsi col testo originale. L’edizione diplomatica, quindi, è fortemente rivolta ad un pubblico di ‘addetti ai lavori’ che desiderino leggere il testo in una forma maggiormente accessibile e ‘comoda’, in quanto riprodotta su supporti recenti e maggiormente disponibili, ma pur sempre aderente al testo così come si presenta nel codice/libro a stampa trascritto.

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In tal senso, però, non è giusto considerare l’edizione diplomatica come un’alternativa al testimone materiale; di quest’ultimo, infatti, si riprendono le peculiarità relative all’usus scribendi di quello specifico testimone, ma si perdono tutte quelle caratteristiche fisiche legate al supporto in cui il testo si trova, le quali sono altrettanto importanti per il lavoro del filologo. A tal proposito, il filologo italiano Vittore Branca affermava: «le trascrizioni diplomatiche sono naturali e necessarie per documenti archivistici o per inediti di interesse prevalentemente linguistico. Avanzo invece riserve sulla possibilità di sostituire alla utilizzazione del manoscritto o di un suo facsimile quella di una trascrizione diplomatica, sia pur ottima, ma sempre inadeguata e non attendibile pienamente per i limiti invalicabili dei mezzi tipografici e della stessa attenzione umana fatalmente fallibile.» [2] . Quindi, è bene non valutare l’edizione diplomatica alla stregua dell’edizione meccanica, anche detta ‘facsimile’, la quale può rappresentare, in caso di impossibilità di accedere al testimone fisico, l’unica alternativa del filologo per uno studio puntuale e scientifico attuabile attraverso fotografie, microfilm, ecc.


Bibliografia e sitografia

  1. M. Zaccarello, L’edizione critica del testo letterario. Primo corso di filologia italiana
  2. V. Branca, Edizione diplomatica e/o riproduzione?, «Lettere italiane», 29 (1977) n. 2



Citazione di questo articolo
Come citare: MARCHI, Francesco . "EDIZIONE DIPLOMATICA". In: CLIOMATICA - Portale di Storia Digitale e ricerca. Disponibile in: http://lhs.unb.br/cliomatica/index.php/EDIZIONE_DIPLOMATICA. il giorno: 30/09/2024.






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