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Strumenti per i progetti collaborativi

De Cliomatica - Digital History

Crowdsourcing Come è noto il Web 2.0 ha portato alla nascita di piattaforme e strumenti che consentono agli utenti di contribuire con esperienze, conoscenze e col proprio impegno personale alla creazione di informazione . Uno dei primi esperimenti mondiali di crowdsourcing digitale è stato SETI@home, nato nel 1999 e dedicato alla ricerca di vita intelligente nell'universo . Si deve invece a Daniel J. Cohen e Roy Rosenzweig, fondatori del già citato centro della George Mason University, la visione della digital history come strumento potente di apertura del discorso storico, capace di includere nella figura dello storico anche «amateur enthusiasts, research scholars, museum curators, documentary filmmakers, historical society administrators, classroom teachers, and history students at all levels» . Così il centro oggi sintetizza i suoi scopi: «We create websites and open-source digital tools to preserve and present the past, transform scholarship across the humanities, advance history education and historical understanding, and encourage popular participation in the practice of history» . Tra le iniziative pionieristiche, tese appunto a «incoraggiare la partecipazione popolare alla pratica della storia», merita certamente una citazione Old Weather nato del 2010. Il progetto invita ancora oggi il pubblico a trascrivere le osservazioni meteorologiche annotate nei registri di bordo delle navi dalla metà del XIX secolo ai giorni nostri, al fine di contribuire all'implementazione di modelli climatici e migliorare la conoscenza delle condizioni ambientali del passato. Gli scopi, inizialmente inerenti solo la ricerca climatica e metereologica, hanno ben presto rotto gli argini, trasformandosi, per partecipanti e organizzatori, in percorsi di scoperta della storia delle singole imbarcazioni e del contesto in cui si sono trovate ad operare . Il primo scopo di una attività di crowdsourcing è quello raggiungere obiettivi che l'istituzione stessa (il gruppo di ricerca) non riuscirebbe a conseguire per mancanza di risorse interne; ma ha come qualità collaterale, non secondaria, la potenzialità di coinvolgere attivamente l'utenza, renderla partner attiva della ricerca e quindi membro a tutti gli effetti di una comunità con obiettivi condivisi. Tramite la partecipazione attiva si possono ottenere altri risultati di rilievo, specialmente se si guarda a progetti di crowdsourcing relativi al patrimonio culturale: l'acquisizione di competenze, la crescita del senso di responsabilità nei confronti dei beni culturali, la maggiore consapevolezza critica su memorie e valori condivisi. Nelle pratiche più diffuse di Digital Public History il crowdsourcing si concretizza nella raccolta di "memorie": oggetti provenienti dall'archivio di famiglia o personale, digitalizzati e quindi spontaneamente riversati nel sito dei promotori dell'iniziativa, con l'accompagnamento dei dati minimi per la loro contestualizzazione. La raccolta viene promossa e alimentata tramite la condivisione stessa dei materiali raccolti, il loro commento su piattaforme social, la loro corretta archiviazione e contestualizzazione da parte di professionisti e l'organizzazione di eventi tesi a valorizzare il progressivo accrescersi del patrimonio comune. Il successo di queste opere di raccolta pubblica dipende da diversi fattori, tra cui la chiarezza iniziale degli obiettivi, l'allestimento di una piattaforma ben funzionante e la possibilità di sostenere nel tempo l'iniziativa. Tra le caratteristiche fondamentali, per il settore storico-culturale, vi sono però anche la qualità della collezione che si intende condividere con il pubblico e le modalità con cui lo si intende coinvolgere e gratificare: in sostanza la possibilità effettiva di operare sulle fonti e il riconoscimento (gratificazione) dovuto al lavoro prestato .