Crowdsourcing

De Cliomatica - Digital History
Tempo di lettura 26 minuti - per Andrea Vitiello


Navigando sul web si trovano una moltitudine di definizioni per descrivere il Crowdsourcing. Questa pluralità di specificazioni offre molto materiale per lo studio e l’analisi, in special modo viene fatto riferimento al crowdsourcing come fenomeno in ambito economico e/o scientifico/informatico.

Il crowdsourcing per la Public History è - in buona sostanza - quel fenomeno che unisce appassionati, il sapere e gli studi degli storici con gli strumenti informatici adeguati per un processo di raccolta, catalogazione e studio di eventi storici, che senza questa pluralità di soggetti risulterebbe in parte incompleta e/o priva della giusta risonanza mediatica (a seconda del progetto).


Il Crowdsourcing: analisi del neologismo per gli studi storici e Public History

Facendo riferimento alla ricerca storica, potremmo definire lo scopo di una attività di crowdsourcing quello di raggiungere obiettivi che uno studioso o un’istituzione non riuscirebbero a conseguire per mancanza di risorse. Il Crowdsourcing è un neologismo che in ambito storico è opportuno ricondurre alla Public History, disciplina che ambisce a fissare uno statuto scientifico di inquadramento per le pratiche culturali che, in varie forme, immettono sapere storico nello spazio pubblico. Nel campo della Public History e della storia in generale, il concetto di crowdsourcing ricopre un ruolo fondamentale. Aggiornamenti continui, progressi e conoscenze messe a disposizione della collettività che si autoalimentano grazie ad una pluralità di soggetti che collaborano tra loro, supervisionati dal Public Historian. La prima difficoltà nel campo degli studi storici, è quella della mancanza delle risorse interne. Grazie al coinvolgimento attivo dell’utenza, del pubblico si possono ottenere, catalogare e raccogliere memorie interne e personali, provenienti da archivi di famiglia, digitalizzati e spontaneamente riversati nel sito dai promotori dell’iniziativa. L’utenza viene quindi resa parte attiva della ricerca e quindi membro di una comunità con obiettivi condivisi. In ambito storico uno dei maggiori benefici del crowdsourcing è quello di far crescere il senso di responsabilità nei confronti dei beni culturali e la maggiore consapevolezza critica su memorie e valori condivisi. Il crowdsourcing sta diventando una pratica essenziale per la storia, in particolar modo grazie al continuo progresso tecnologico, che permette una connessione sempre più attiva e semplice, interi archivi storici possono giovarsi della collaborazione tra esperti e detentori di conoscenze atte ad allargare il patrimonio storico culturale. Attraverso la condivisione di foto, indicazioni geografiche e corretta denominazione e con la collaborazione di esperti del settore, si possono ricostruire interi eventi storici in maniera molto più accurata. Un buon esempio è rappresentato dall'Archivio degli Iblei.

L'Archivio degli Iblei

L’Archivio degli Iblei www.archiviodegliiblei.it[www.archiviodegliiblei.it], avviato nel 2013 come archivio virtuale partecipato dei paesi dell’area del ragusano (Sicilia sud-orientale) si è andato via via arricchendo di sempre nuovi documenti iconografici e testuali oltre che di nuovi contributi di ricerca, testi biografici e storie di famiglia: un work in progress per una storia di comunità attraverso la partecipazione attiva dei suoi componenti. Un crowdsourcing basato sulla catalogazione di conoscenze condivise da diversi esperti, materiali e fonti bibliografiche conservate da famiglie private e tramite la condivisione di foto, indicazioni e con collaborazioni di esperti per ricostruire gli eventi di un passato che, diversamente, sarebbe andato perduto. Attraverso l’impiego del crowdsourcing, si sta procedendo alla mappatura delle ville rurali iblee, “documenti” del paesaggio rurale della storia economica, sociale, del costume e dei consumi dalla seconda metà dell’Ottocento alla prima metà del Novecento. Foto, indicazioni geografiche e descrizioni puntuali arricchiscono via via la mappatura delle fortificazioni della Seconda guerra mondiale presenti nell’area dove, con lo sbarco delle truppe alleate nel luglio 1943, fu segnata la svolta decisiva del conflitto. L'Archivio può contare su un gruppo Facebook costituito da 2.800 membri, ambiente in cui gli utenti della redazione dell’archivio intervengono attivamente con gli storici nel ruolo di Public Historian.

Definizione e cenni storici

Anche se la pratica poi definita dal termine crowdsourcing si riconosce in alcuni progetti della fine dell’Ottocento (il riferimento in particolare è all’Oxford Dictionary) il neologismo appare per la prima volta nell’articolo «The Rise of CrowdSourcing» di Jeff Howe[1]. Il CrowdSourcing è un termine inglese composto dalla parola Crowd che letteralmente significa “folla”, ovvero un insieme indefinito di persone che partecipano all’iniziativa e outsourcing parola anch’essa composta la cui traduzione letterale è “approvvigionamento esterno”; consiste nell’effettivo affidamento ad altre imprese o terzi lo svolgimento di alcune fasi del processo produttivo. Come già accennato, la moltitudine di definizioni di crowdsourcing è un’arma a doppio taglio: nonostante sia stato analizzato, come neologismo e come fenomeno, da diversi studiosi, non si è giunti a una definizione condivisa. Una situazione che impedisce una coerente classificazione; il ricorso a un’analisi etimologica non risulta utile questa pluralità di definizioni[2]. Questa è la definizione di CrowdSourcing proposta da Estellés e González:

«Il crowdsourcing è una tipologia di attività online partecipativa nella quale un individuo, un'istituzione, un'organizzazione no-profit o un'azienda propone ad un gruppo di individui dotati di varie conoscenze, eterogeneità e numero, mediante un annuncio aperto e flessibile, la realizzazione libera e volontaria di un compito specifico. La realizzazione di tale compito, di complessità e modularità variabile, e nella quale il gruppo di riferimento deve partecipare apportando lavoro, denaro, conoscenze e/o esperienza, implica sempre un beneficio per ambe le parti. L'utente otterrà, a cambio della sua partecipazione, il soddisfacimento di una concreta necessità, economica, di riconoscimento sociale, di autostima, o di sviluppo di capacità personali, il crowdsourcer d'altro canto, otterrà e utilizzerà a proprio beneficio il contributo offerto dall'utente, la cui forma dipenderà dal tipo di attività realizzata»[3].


Differenza tra Crowdsource e Open source

Per poter proseguire nell’analisi del CrowdSourcing è necessario prendere in esame le differenze che esistono tra Crowdsource e Open source.

L’open source è una pratica diffusa nel mondo dell’informatica e dell’ingegneria del software: la filosofia è quella di permettere a tutti di accedere agli elementi essenziali di un prodotto con l’obiettivo di migliorarlo grazie al supporto di ognuno. Linux e Mozilla Firefox sono esempi di come questa tipologia di pratica possa apportare benefici tangibili e non di poco conto. Purtroppo, l’open source non è facilmente adattabile a scopi differenti da quello della produzione di software, perché per produrre e realizzarne non si ha bisogno di spazio fisico, depositi, materie prime o simili, né costi di distribuzione significativi. Il crowdsourcing interviene, però, nel momento in cui l’open source mostra i propri limiti. Il crowdsourcing prevede una ricompensa per chi contribuisce, così da rendere remunerativi anche i processi di deposito e distribuzione per le organizzazioni che vi parteciperanno per soddisfare determinate esigenze. La differenza sostanziale quindi tra i due fenomeni è sostanzialmente che il risultato del lavoro prodotto dal crowdsourcer non è di dominio pubblico bensì rimane di proprietà dell’iniziatore del crowdsourcing che ricompenserà poi le parti e l’idea vincente. Il crowdsourcer utilizza a proprio beneficio il contributo offerto dall’utente.

La mancanza di una chiara definizione di crowdsourcing ha fatto sì che alcuni autori e studiosi considerassero piattaforme come YouTube e Wikipedia esempi di crowdsourcing mentre altri sostengono - e sostenevano - l’esatto opposto. Questi sono alcuni esempi tangibili di crowdsourcing:

  1. iStockphoto: è un fornitore on-line di fotografie royalty free (talvolta anche erroneamente indicate come "esenti da diritti d'autore") che opera secondo il modello di micropagamenti. Il costo delle immagini varia, infatti, a seconda della dimensione di queste, da un minimo di 1$ ad un massimo di svariate centinaia di dollari con un sistema di pagamento basato su crediti. Per diventare un fotografo per iStockphoto è sufficiente caricare tre immagini, le quali saranno valutate e, nel caso in cui le immagini risultino di buona qualità, la persona viene ammessa tra i fotografi del loro siti;
  2. InnoCentive: InnoCentive (derivato da “innovation” e “incentive”, rispettivamente innovazione ed incentivo) è una piattaforma online sulla quale pubblicare problemi irrisolti nel campo della R&S (research and development, rispettivamente ricerca e sviluppo), a cui esperti di vari settori cercano di dare una risposta in cambio di un corrispettivo in denaro. I partecipanti alla ricerca della soluzione non devono necessariamente essere scienziati o studiosi, infatti è previsto un campo “altro” durante la registrazione. La “folla di risolutori” può inviare la soluzione che viene revisionata dalle compagnie che ne fanno richiesta. Se una soluzione incontra i requisiti tecnici per la sfida, la compagnia richiedente ricompensa il risolutore attraverso un premio in denaro che varia dai 10.000$ ai 100.000$, a seconda della richiesta.
  3. Amazon Mechanical Turk (Mturk): Amazon Mechanical Turk è un servizio internet di crowsourcing che permette ai programmatori informatici (conosciuti come requester) di coordinare l'uso di intelligenze umane per eseguire compiti che i computer, a oggi, non sono in grado di fare. I Requester possono pubblicare obiettivi conosciuti come HIT (Human Intelligence Tasks), come identificare gli artisti in un cd musicale, le migliori fotografie di un negozio, la scrittura delle descrizioni di un prodotto. I Worker (lavoratori o Providers come vengono chiamati nei termini di servizio) o informalmente Turker possono ricercare tra gli obiettivi esistenti e completarli in cambio di un pagamento deciso dal requester.

Un’ulteriore esempio potrebbe essere rappresentato da un utente che carica un video su YouTube: il semplice caricare e condividere sulla piattaforma un video non fa di questa azione un'attività inerente al crowdsourcing; al contrario, la compie l’utente che carica un video su una qualsiasi piattaforma per partecipare ad iniziative ben specifiche con finalità definite. Numerose e differenti fra loro sono le piattaforme di Crowdsourcing per le Digital humanities.

Tipologia del processo

La maggior parte delle definizioni di crowdsourcing e del relativo processo, fanno riferimento a modelli di business da parte di imprese. Il neologismo si sta ora imponendo come uno strumento di grande potenzialità per le “aziende senza confini” (open enterprise, virtual corporation, network organisation...). Anche per il mercato del lavoro, il crowdsourcing rappresenta un paradigma innovativo, che offre la possibilità ai lavoratori freelance (professionisti e dilettanti insieme) di offrire i propri servizi su un mercato completamente delocalizzato

Analizzando invece il crowdsourcing come processo di un settore scientifico e di ricerca no profit possiamo catalogare questo termine in vari processi, diversi da quello di business.

Qui introdurremo per la prima volta l’analisi del processo di crowdsourcing in ambito storico:

  • processo di esternalizzazione come nel caso di Amazon Turk;
  • processo online distribuito come nel caso di Innocentive;
  • processo di integrazione e organizzazione di materiali didattici e/o di interesse pubblico di matrice storica artistica.

Per vedere nel dettaglio come il crowdsourcing stia acquisendo un’importanza fondamentale nel processo di integrazione e organizzazione del lavoro in ambito storico, dobbiamo prima analizzare i vari ruoli e le azioni che sottendono a questo termine.

Uno dei ruoli fondamentali è senza alcun dubbio il crowdsourcer colui che per l’appunto propone l’iniziativa. Può essere un singolo individuo o un’organizzazione. Il crowdsourcer è anche colui che tramite il lavoro della “folla”, otterrà la “soluzione al suo problema” beneficiando delle conoscenze e delle esperienze della “folla”. Tra i fattori chiave che determinano il successo del crowdsourcing ci sono le capacità e le abilità in possesso della folla. Le caratteristiche collettive, le abilità e le capacità che la folla possiede sono a volte descritte come il “capitale umano”. Nel caso del crowdsourcing in ambito storico si fa particolare attenzione alla partecipazione di candidati esperti del settore nonché a particolari candidati selezionati per le loro conoscenze e/o possibilità.

Esempio di crowdsourcing nell’impiego con le Digital Humanities

Analizziamo ora il crowdsourcing nelle discipline umanistiche digitali. L’esempio che riportiamo riguarda il Victoria and Albert Museum di Londra. Questa istituzione possiede una raccolta di 140.000 immagini selezionate automaticamente da un database e, di conseguenza, alcune di esse potrebbero non costituire la migliore visualizzazione possibile per chi impieghi la maschera di ricerca per le collezioni. Attraverso un'applicazione su misura, il pubblico è invitato a selezionare le migliori immagini da utilizzare.

StoryCorps, un'iniziativa statunitense, mira a registrare, condividere e preservare le storie personali degli americani. Dal 2003, StoryCorps ha raccolto e archiviato più di 40.000 interviste con quasi 80.000 partecipanti, creando così un archivio originale e infinito. Nel primo gruppo, i progetti richiedono al pubblico di “interagire” con artefatti digitali e / o fisici forniti dall'istituzione (es. Storytelling sugli oggetti dei musei; tagging sulla collezione digitale delle gallerie): il contributo pubblico sembra essere interdipendente con le collezioni istituzionali. Il pubblico è chiamato a “intervenire” sulle risorse esistenti. Gli artefatti digitali / fisici messi a disposizione guidano i compiti dei partecipanti (ad esempio, etichettare un dipinto; trascrivere appunti scritti a mano). Nel secondo gruppo, i progetti chiedono al pubblico di fornire contributi digitali e / o fisici (ad esempio, informazioni, cimeli personali, video, foto) per costruire una nuova risorsa. I contributi pubblici non sono interdipendenti con le collezioni esistenti, anche se possono migliorare una raccolta istituzionale con risorse aggiuntive. Comunemente, il tipo (ad esempio, audio, foto) e il tema (ad esempio, conversazioni private) dei contributi sono determinati dal progetto, mentre i contributori determinano il contenuto dei loro contributi (ad esempio, l'oggetto della conversazione privata).

Un'ulteriore analisi dei due gruppi di progetti di crowdsourcing ha portato all'identificazione delle attività più comuni per gruppo.

  1. Quando si interagisce con una collezione esistente, al pubblico viene chiesto principalmente di intervenire in termini di curation (es. Social tagging, selezione di immagini, curation di mostre, classificazione); revisione (ad es. trascrizione, correzione); e posizione (ad esempio, mappatura delle opere d'arte, corrispondenza della mappa, narrazione della posizione).
  2. Quando si sviluppa una nuova risorsa, il pubblico è per lo più invitato a condividere oggetti fisici o digitali, come documenti di vita privata (es. Audio / video di conversazioni intime); documentare eventi storici (ad es. cimeli di famiglia); e arricchire i luoghi conosciuti (ad esempio, narrazione legata alla posizione).

Analisi Antropologica motivazioni, punti forti e criticità della “folla”

I progetti di crowdsourcing nelle discipline umanistiche digitali possono essere visti come nuovi percorsi di collaborazione tra le istituzioni e il loro pubblico. In effetti, le istituzioni non si limitano a «assumere una funzione una volta svolta dai dipendenti e la esternalizzano a una rete di persone indefinita (e generalmente ampia)»[4]: stanno collaborando con il loro pubblico per aumentare o costruire risorse digitali attraverso l'aggregazione di risorse disperse. La folla nella maggior parte delle iniziative di crowdsourcing è "indefinita", mentre nelle discipline umanistiche digitali la folla sembra essere costituita principalmente il pubblico dell'istituzione. Pertanto, le istituzioni hanno già una relazione con i loro contributi effettivi o potenziali. Questa relazione esistente tra istituzione e pubblico rappresenta un punto di partenza rilevante e dovrebbe essere rafforzata quando si avvia un processo di crowdsourcing. Nel campo della Public History, la definizione di pubblico va approfondita. La parola infatti sottende tanti tipi di pubblici; ognuno di essi è caratterizzato da una cultura, età o nazionalità differenti; è compito quindi della Public History e della figura del Public Historian dover modulare la forma di comunicazione e la tecnologia a seconda di queste differenze. Difatti compito ormai essenziale per queste figure, è la capacità di poter coinvolgere emotivamente e provocare interesse nel pubblico.

Si può quindi fare una storia per il pubblico, una storia in pubblico e dare vita a progetti storici creati con il pubblico. La storia in pubblico viene tramandata e discussa tra storici e pubblico nei parchi nazionali, negli archivi e anche in luoghi non fisici, grazie al web. La storia per il pubblico si palesa attraverso mostre, filmati, documentari e romanzi storici. I progetti storici creati con il pubblico si avvalgono proprio del crowdsourcing. Ognuno di questi, si aspetta un risultato diverso dall’esperienza derivante dai loro incontri con la storia.

Non c'è un vero e proprio standard su chi debba costituire la folla: esse dipendono molto dall'iniziativa. Ad esempio, le folle che partecipano ad iniziative che richiedono una certa conoscenza nei campi delle R&D, come nel caso di InnoCentive, saranno persone generalmente dotate di un alto livello culturale, mentre nel caso di un'iniziativa di produzione, come quella di Threadless, è sufficiente disporre dei programmi quali Adobe Flash o Adobe Photoshop (ovviamente sapendoli utilizzare) oppure, in altri casi ancora, come quello di iStockphoto è necessario disporre di attrezzature da fotografo, più o meno professionali, e l'abilità di scattare buone istantanee, in altri casi addirittura potrebbe non essere necessaria nessuna conoscenza particolare, come nel caso di Amazon Mechanical Turk quando si chiede di trascrivere la descrizione del prodotto. Il tutto deve essere accompagnato da delle buone idee che potrebbero portare ad una soluzione vincente dell'iniziativa e da una connessione che permetta di raggiungere il sito dell'iniziativa.

Difficilmente chi partecipa come utente attivo del pubblico o della folla lo fa come impiego principale: la folla è spesso composta da hobbisti e appassionati, i quali partecipano volontariamente a queste iniziative, solo a volte per integrare i propri guadagni. Molto spesso sono proprio gli amatori quelli che riescono a trovare la soluzione vincente perché guardano il problema con occhi diversi rispetto a chi opera nel campo da diversi anni, come nel caso di InnoCentive dove spesso sono proprio gli amatori a fornire le soluzioni migliori. I partecipanti possono essere i consumatori (con riferimento a particolari prodotti), utenti, comunità su scala mondiale o gruppi online. L'importante è che i partecipanti siano intelligenti e ben disciplinanti. Generalmente, questi appassionati hanno poco tempo da dedicare alle attività richieste dal crowdsourcing, il quale deve essere scomposto in tanti piccoli compiti risolvibili in un lasso di tempo che va dai dieci minuti alle dieci ore. Per quanto riguarda la dimensione della folla (“il numero”) anche qui non c'è uno standard, ma generalmente le folle sono composte da un vasto numero di individui che non necessariamente si conoscono tra di loro. L'eterogeneità della folla dipende anch'essa dall'iniziativa, ma questa caratteristica può influire positivamente sulla qualità della soluzione, la quale beneficia della preziosa influenza derivata dalla conoscenza di ogni di individuo. Tuttavia non tutte le iniziative richiedono una grande eterogeneità, come nel caso dei compiti di traduzione proposti da Amazon Mechanical Turk. Pertanto, possiamo concludere che la folla farà riferimento ad un gruppo di individui le cui caratteristiche di numero, eterogeneità e conoscenze saranno determinate dalle esigenze dell'iniziativa crowdsourcing [5].

Le motivazioni

La folla è il primo fattore determinante di successo dell’iniziativa di crowdsourcing. Quali sono le principali motivazioni che spingono la folla a impegnarsi per raggiungere le finalità indicate dal crowdsourcer?

Come precedentemente accennato, la partecipazione ad un progetto open source permette di godere di un prodotto di una qualità ben precisa e superiore di quello preesistente su cui si è lavorato. Quindi il progetto open source nutre di un forte fattore estremamente positivo: i partecipanti coinvolti sanno che, dopo essersi preposti degli obiettivi ritenuti da loro stessi interessanti, potranno godere dei risultati ottenuti tramite il loro lavoro, tutti e in egual misura. Analogamente potremmo dire che anche il crowdsourcing funziona così e che i partecipanti all’iniziativa godranno dei frutti del loro lavoro. I motivi quindi che spingono la folla alla partecipazione possono essere definiti come la misura in cui la folla è in grado di associarsi per perseguire gli obiettivi a lungo termine del crowdsourcing.

Tutte le iniziative di crowdsourcing siano esse di carattere economico o storico sono influenzate ed entrano nel mercato con un insieme ben definito di idee, scopi e obiettivi. È essenziale che la folla si consideri un partner nell'iniziativa di crowdsourcing. I bisogni, le aspirazioni, le motivazioni e gli incentivi alla partecipazione della folla devono essere tenuti nella massima considerazione quando si sviluppa un'iniziativa di crowdsourcing e, per questo scopo, è importante sviluppare una forte connessione tra le persone che usano l'iniziativa (la folla) e le persone che la concettualizzano (gli imprenditori)[6].

Compresi quali siano i soggetti che compongono la folla, le loro possibili motivazioni nel prendere parte alle iniziative, possiamo definire quali siano i valori aggiunti che pubblico e/o folla possono apportare in maniera concreta ai progetti di crowdsourcing per la storia pubblica digitale e i problemi che ne potrebbero derivare. Coinvolgere un pubblico può arginare il problema della esclusività. Spesso vengono creati ambienti di consultazione inaccessibili: le conoscenze dei ricercatori, unite alla loro esperienza, fanno sì che il frutto del loro lavoro, sia elitario. La partecipazione del pubblico permette di produrre risultati maggiormente alla portata della massa, con la relativa propulsione pubblicitaria che continua anche una volta che il capitale d’investimento iniziale per il progetto viene esaurito: la partecipazione del pubblico permette quindi di creare materiale più facilmente consultabile e di maggiore risonanza. Bisogna tuttavia tenere conto del fatto che un lavoro che coinvolga la folla e il pubblico potrebbe perdere l’essenziale valore scientifico, risultando così di scarso o nullo interesse per esperti e ricercatori. Produrre contenuti è difficile; trovare il giusto equilibrio tra qualità e fruibilità da parte del pubblico rappresenta una sfida nella sfida per la Public History.


Bibliografia e sitografia

  1. HOWE, Jeff, «The Rise of CrowdSourcing», in Wired Magazine, 6 gennaio 2006, URL: < https://www.wired.com/2006/06/crowds/ > [consultato il 13 giugno 2021].
  2. ESTELLES-AROLAS, Enrique, GONZALEZ L. GUEVARA, Fernando, «Towards an Integrated Crowdsourcing Definition», in Journal of Information Science, 38, 2/2012, pp. 189-200.
  3. Ibidem.
  4. HOWE, Jeff, Crowdsourcing: Why the Power of the Crowd is Driving the Future of Business, New York, Crown Business, 2006.
  5. ESTELLES-AROLAS, Enrique, GONZALEZ L. GUEVARA, Fernando, op. cit.
  6. SHARMA, Ankit, «Crowdsourcing critical success factor model: strategies to harness the collective intelligence of the crowd», Working Paper 1-2010.



Citazione di questo articolo
Come citare: VITIELLO, Andrea . "Crowdsourcing". In: CLIOMATICA - Portale di Storia Digitale e ricerca. Disponibile in: http://lhs.unb.br/cliomatica/index.php/Crowdsourcing. il giorno: 29/06/2024.






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