Strumenti per i progetti collaborativi

Da Cliomatica - Digital History.

Il Web 2.0 ha portato alla nascita di piattaforme e strumenti che consentono agli utenti di contribuire con esperienze, conoscenze e col proprio impegno personale alla creazione di informazione.

Uno dei primi esperimenti mondiali di crowdsourcing digitale è stato [SETI@home (il link è <https://setiathome.berkeley.edu/>], nato nel 1999 e dedicato alla ricerca di vita intelligente nell'universo. Si deve invece a Daniel J. Cohen e Roy Rosenzweig, fondatori del centro della George Mason University, la visione della digital history come strumento potente di apertura del discorso storico, capace di includere nella figura dello storico anche «amateur enthusiasts, research scholars, museum curators, documentary filmmakers, historical society administrators, classroom teachers, and history students at all levels» (inserire riferimento bibliografico a D. J. COHEN - R. ROSENZWEIG, Digital History: A Guide to Gathering, Preserving, and Presenting the Past on the Web, University of Pennsylvania Press 2006, pp.2-3).

Tra le iniziative pionieristiche, tese appunto a incoraggiare la partecipazione popolare alla pratica della storia, merita certamente una citazione [Old Weather (il link è http://oldweather.org/index.html)] nato del 2010. Il progetto invita ancora oggi il pubblico a trascrivere le osservazioni meteorologiche annotate nei registri di bordo delle navi dalla metà del XIX secolo ai giorni nostri, al fine di contribuire all'implementazione di modelli climatici e migliorare la conoscenza delle condizioni ambientali del passato. Gli scopi, inizialmente inerenti solo la ricerca climatica e metereologica, si sono trasformati in percorsi di scoperta della storia delle singole imbarcazioni e del contesto in cui si sono trovate ad operare.

Il primo scopo di una attività di Crowdsourcing è quello raggiungere obiettivi che l'istituzione stessa (il gruppo di ricerca) non riuscirebbe a conseguire per mancanza di risorse interne; ma ha come qualità collaterale, non secondaria, la potenzialità di coinvolgere attivamente l'utenza, renderla partner attiva della ricerca e quindi membro a tutti gli effetti di una comunità con obiettivi condivisi. Tramite la partecipazione attiva si possono ottenere altri risultati di rilievo, specialmente se si guarda a progetti di crowdsourcing relativi al patrimonio culturale: l'acquisizione di competenze, la crescita del senso di responsabilità nei confronti dei beni culturali, la maggiore consapevolezza critica su memorie e valori condivisi.